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Vallanzasca - Gli angeli del male
C’è chi nasce santo, chi nasce per essere una guardia… Io sono nato per fare il ladro.
Mette subito in chiaro le cose il protagonista del nuovo film di Michele Placido, “Vallanzasca – gli angeli del male”, presentato fuori concorso e in anteprima alla 67esima Mostra del Cinema di Venezia.
Il destino del bel Renato è già scritto. Nato nella Milano degli anni ’50 in una famiglia medio borghese, sin da piccolo Vallanzasca compie piccoli furti insieme agli amici fraterni Enzo e Antonella. Non lo spinge la necessità, forse cerca l’adrenalina e il piacere che questi piccoli crimini gli procurano. Il suo cammino verso il male continua, tra riformatorio, carcere ed altri crimini. La sua fama nel mondo della malavita aumenta con il numero di furti e rapine commessi, ma Renato mantiene intatto il suo modo di essere e conserva un equilibrio anche se il suo lato oscuro avanza.
Placido è stato molto clemente con Vallanzasca. Nel suo film infatti mette ben in evidenza l’etica morale del protagonista (non colpire gli inermi, colpire solo per difendersi, rubare solo ai più abbienti) e l’aspetto più simpatico e affascinante del criminale, ma non dà spessore al suo lato oscuro (comunque presente). Il Vallanzasca di Placido, definito dai suoi compari Robin Hood, non gode della violenza fine a se stessa, crede nel potere della parola per ottenere quello che vuole. E’ si un criminale, ma con un profondo rispetto per i valori come la famiglia, l’amicizia e la vita umana. Placido gli ‘perdona’ le rapine e i sequestri quasi come fossero dei crimini minori, mentre negli omicidi Vallanzasca si trova coinvolto quasi per caso, o perché costretto per difendere se stesso e la sua banda.
In questa visione così buonista che il regista e il protagonista (un ottimo Kim Rossi Stuart) ci trasmettono hanno sicuramente influito i numerosi contatti e colloqui avuti con Vallanzasca prima dell’inizio delle riprese. La sensazione è che anche loro siano rimasti ‘conquistati’ dal fascino e dalla personalità del criminale.
Attenzione quindi a non approcciare al film come alla visione di un documentario, testimonianza fedele dei fatti, ben consapevoli che esso rappresenta solo uno dei punti di vista (quello del regista) dei fatti stessi.
Una bella regia, il montaggio dinamico e un ottimo cast con un superlativo Rossi Stuart fanno di “Vallanzasca – gli angeli del male”, al di là delle perplessità che possono essere suscitate dall’argomento e dal modo in cui esso viene trattato, un buon film. Se il suo protagonista fosse un personaggio d’invenzione probabilmente sarebbe difficile resistere al suo charme e il pubblico sarebbe conquistato dalla sua storia.
Non è possibile dimenticare però che le vittime del film hanno un nome, non inventato, e che le loro morti sono state reali. E’ difficile accettare, per chi è stato toccato dal lato oscuro di Vallanzasca, una spettacolarizzazione di questo eroe negativo e questa clemenza nei suoi confronti.
Un film del quale non si sentiva il bisogno, come è stato sottolineato dalla stampa il giorno della sua anteprima. Ma una storia che, come tutte le storie, ha il diritto di essere raccontata.
La frase: "Io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po’ pronunciato".
Giuliana Steri
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