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USS IndianapolisLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato12 luglio 2017Voto: 6.0
“USS Indianapolis”, interpretato da Nicolas Cage, racconta una storia vera, fatta di migliaia di vittime e sensi di colpa, che possono portare a gesti estremi e talvolta a desiderare quantomeno giustizia. Una storia che mette in luce il dramma dell’uomo durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, ma che ancora più in generale evidenzia quanto quest’ultimo possa essere impotente di fronte al dolore che lo circonda e ad alcune avversità che gli si presentano davanti.
Protagonista, insieme a Cage, Tom Sizemore, Thomas Jane e Cody Walker tra i tanti, è la USS Indianapolis, uno degli incrociatori più veloci e temuti della marina americana che, sotto il comando del capitano Charles McVay (Cage) combatte le più importanti battaglie sul fronte del Pacifico. Nel luglio 1945 il capitano e i suoi uomini vengono scelti per una missione top secret. Devono trasportare in segreto e senza alcuna scorta una delle due bombe atomiche che metteranno fine alla guerra. Ma durante la traversata la USS Indianapolis viene affondata dall’attacco di un sommergibile giapponese: la nave non viene data per dispersa e il suo equipaggio abbandona la nave, restando per 5 interminabili giorni nel Mare delle Filippine infestato di squali. Lascia alquanto perplessi la pellicola diretta da Mario Van Peebles, sia dal punto di vita emozionale, sia da quello visivo. La regia poco incisiva, che comprende tecniche di inquadratura molto semplici e tipiche degli Anni ’80, non rende appieno la drammaticità della situazione, la quale invece emerge attraverso la colonna sonora (ricorda quella de “Lo squalo”). La musica infatti è ben calibrata e segue la linea narrativa, nonché il ritmo lento ma funzionale. È chiaro che il regista ha preso ispirazione per la realizzazione di “USS Indianapolis” da due film noti, uno dei quali uscito di recente e considerato dalla maggior parte della critica un capolavoro. Stiamo parlando di “Titanic” e “Sully” di Eastwood. Nel primo caso il riferimento è al modo in cui la nave militare affonda, momento in cui è facile notare la stessa dinamica presentata nella pellicola del 1997. Del secondo invece viene ripresa l’idea dell’ammaraggio di un aereo e il bisogno dello Stato di trovare un capro espiatorio per giustificare l’accaduto. Per quanto riguarda il lato emozionale del film, Mario Van Peebles avrebbe dovuto osare di più, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi (mai approfonditi). Questi ultimi infatti appaiono talvolta poco espressivi e freddi rispetto alla situazione che stanno affrontando, in particolare Nicolas Cage, il cui distacco dal mondo reale congela ogni possibilità di far risultare empatico il suo personaggio agli occhi del grande pubblico. Eppure, sul finale riesce ad emozionare - seppur in piccolissime dosi - proprio grazie alla sua marcata freddezza, ma viene da chiedersi se si tratta di una scelta dell’attore per dare maggiore spessore alla sua figura, o del regista. Nonostante ciò, il film presenta alcune scene di forte impatto emotivo, anche se basato su una sceneggiatura perlopiù scadente. Il copione è carico di cliché e frasi fatte, ma in rare circostanze emergono battute che puntano al cuore degli spettatori e colpiscono nel segno. “USS Indianapolis” è un chiaro esempio di come l’uomo sia impotente di fronte a determinate situazioni e, allo stesso tempo, ci permette di riflettere sulla cosiddetta Sindrome del sopravvissuto, ovvero il sentirsi colpevoli per essere ancora in vita mentre altri uomini sono morti nella stessa strage. La fotografia è nitida e composta prevalentemente da tonalità scure e fredde, ma capisce la contrapposizione tra l’azzurro del cielo e la tragedia in mare, come se la luminosità rappresentasse la speranza. Infine, prima del termine della pellicola vengono mostrati alcuni dei diretti interessati e le loro dichiarazioni su quanto accaduto ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quindi vi consigliamo di non scappare subito dalla sala cinematografica. La frase dal film:
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