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Un tocco di zenzero
"Cucina politica", il titolo originale. E dall'originale fa sempre piacere partire. Perché descrive più del film, almeno a livello tentativo, di quanto non lo facciano le spesso strampalate traduzioni italiane, incanalate tra storpiature esemplificative e marzulliani sottotitoli.
E così, un film che assume come valori fondanti quelli della cucina come metafora della vita (fatto di per se strano, ma non denigrabile per questo a priori in fase enunciativa), si trasforma banalmente in "Un tocco di zenzero", titolo che può essere utile in fase di metabolizzazione di un visto, ma sicuramente sterile e inutile come introduzione/approccio al film.
Al di là della pertinenza e dell'appropriatezza di traduzione del titolo, il film è altrove difficilmente difendibile. Lo stile da commedia etnica cerca di essere smentito da arditi piani sequenza in digitale, che presentano la Istanbul/Costantinopoli alla stregua di una città da Mille e una notte, piuttosto che da Signore degli Anelli, in contrasto con un qual certo "verismo" portato avanti dal resto della pellicola.
Il cibo e la cucina sono il veicolo tramite il quale raccontare l'amore di una gente per la propria terra, per i propri valori. La famiglia di Fanis si trova nella difficile situazione di essere una famiglia greca di Costantinopoli, quando i rapporti tra Turchia e Grecia sono tutt'altro che buoni. Il piccolo Fanis è costretto a emigrare, ma anche una volta grande, il filo invisibile che lo lega alla sua terra, ma soprattutto al suo amato nonno, Vassilis, mai più rivisto dall'epoca dell'espatrio, rimane saldo nel suo cuore e, verrebbe da dire, nelle sue papille gustative.
La struttura narrativa si divide in modo abbastanza scolastico tra presente filmico e flashback, saltando dall'uno all'altro in modo un po' confuso e discontinuo, cosa che non va ad incidere molto tuttavia sul girato. La regia è, d'altra parte, senza corpo e senz'anima. Non c'è un'idea di regia a supporto di una intelaiatura di film che dopo la prima mezz'ora si rivela inscatolata in topos ben precisi e intrisa di marchette e personaggi abbastanza inverosimili. Non aiuta poi, come già accennato, la ricerca di piani in digitale totalmente estranei e lontani dal senso cinematografico della messa in scena.
La sceneggiatura poi, deve essere di continuo sostenuta da una voce narrante, identificata in quella del protagonista, che esemplifica gli snodi narrativi e illustra pedantemente un continuo forzoso raffronto tra le vicende vissute e l'ambiente e i sapori della cucina.
Il film di Boulmetis, che buca almeno tre o quattro volte il finale, rimane così un'opera magari piacevole per un target familiare alla prima visione, del quale però non si sentirà la necessità di una seconda lettura.
La frase: "...tu cucinerai per me, e io ballerò per te..."
La curiosità: "Un tocco di zenzero" è stato il film candidato alla nomination agli Oscar 2005 come miglior film greco.
Pietro Salvatori
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