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Uno di famiglia

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato24 ottobre 2018Voto: 5.5
 

  • Foto dal film Uno di famiglia
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Un uomo qualunque, che entra a far parte della famiglia di un boss malavitoso. Questa è la storia raccontata in “Uno di famiglia” dal regista Alessio Maria Federici. Il film, che vede tra i suoi interpreti Pietro Sermonti, Moisè Curia, Lucia Ocone, Nino Frassica e Sarah Felberbaum, narra di Luca, un quarantatreenne mite e sornione. Quest’ultimo sbarca il lunario insegnando dizione. Un giorno, per caso, salva la vita al suo allievo Mario, un giovane desideroso di fare l'attore a cui va corretta l'inflessione dialettale. Ad insaputa di Luca però, il ragazzo è il rampollo di una potente famiglia malavitosa calabrese: i Serranò, ora in debito con lui! Come un fulmine a ciel sereno nella sua vita e in quella della fidanzata Regina, irrompono la spietata Zia Angela detta "Della Morte” e il capo famiglia Peppino Serranò, l'uomo a cui nessuno può dire di no!

“Uno di famiglia” racconta, sotto forma di commedia, un contesto, quello malavitoso, di cui in molti - nel cinema come in televisione - si servono per mostrare il lato più misterioso e oscuro dell’Italia. Il regista Alessio Maria Federici, noto per aver diretto le commedie “Fratelli Unici” e “Tutte le vogliono”, porta sul grande schermo un progetto che dovrebbe essere divertente, ironico, ma non ci riesce del tutto. È chiara l’intenzione del regista di fare il possibile per rendere il progetto leggero, godibile, di far passare allo spettatore un paio d’ore di assoluto riposo. Ma, come in ogni pellicola, anche “Uno di famiglia” ha i suoi difetti, che non sono problemi da poco e ne determinano la stroncatura: in primis è bene dire che la sceneggiatura risulta un po’ insipida e poco curata, soprattutto per quanto riguarda il susseguirsi delle vicende narrate, che mancano talvolta di sostanza e di coerenza.

Nonostante la sceneggiatura, il regista ha saputo dare un contributo non indifferente al film, con la sua regia, i suoi movimenti di macchina incisivi e studiati, in grado di valorizzare, il più delle volte, le scene mostrate. Una delle cose più importanti, in particolare quando una pellicola si riferisce ad un contesto ben preciso, in questo caso a quello mafioso, è il linguaggio adottato. Un linguaggio che troppe volte pare forzato nel film, il quale presenta un dialetto quasi totalmente mancante. Ovvero, non sentiamo uscire dalle bocche dei protagonisti un accento marcato, come spesso capita in questo genere di film, soprattutto se si tratta di una commedia, dove per far divertire il pubblico si tende ad esagerare con il dialetto, a sottolineare il più possibile la provenienza di origini della famiglia in questione. In questo caso, infatti, il linguaggio passa in secondo piano, se non in casi eccezionali. Lo stesso Nino Frassica non dà un forte peso a questo aspetto, o almeno non quanto ci si aspetterebbe. Che si tratti di una scelta stilistica? In ogni caso, è una scelta che non funziona, che priva della spinta necessaria di cui una commedia come questa avrebbe bisogno per attrarre lo spettatore dal principio alla fine.

Per quanto riguarda la performance del cast, nessuno degli attori, con la sua interpretazione è risultato empatico, carismatico, e credibile sotto ogni punto di vista. C’è chi appare, con i suoi atteggiamenti, il tono di voce, la parlata e la mimica facciale, finto; c’è chi invece cerca di dare il massimo ma poi pecca di originalità nella performance, manca di forza espressiva. Insomma, “Uno dei famiglia” delude ma non troppo: una menzione speciale per la performance è da attribuire a Lucia Ocone (Angela), che a livello recitativo impersona il personaggio più autentico del cast.

Infine, da segnalare è la colonna sonora stile far west, che dà un tono di mistero al film, la cui famiglia protagonista è caratterizzata in maniera minimale. “Uno di famiglia” non aggiunge qualcosa a tutti i film incentrati sull’ambiente in questione. Si parla a volte per luoghi comuni, si cerca di fare ironia su questioni importanti, ma spesso con troppa superficialità, e non ci sono scene prettamente noir o troppo violente. Come abbiamo detto, infatti, ciò che Alessio Maria Federici pare volere è far ridere il pubblico. In piccola parte ci riesce, ma nessuna scena risulta così eclatante da rimanere impressa nella memoria per oltre le due ore di proiezione.


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