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Una nuova amica











Claire (Anaïs Demoustier) e Laura (Isild Personnaz) sono due amiche d'infanzia che hanno affrontato insieme tutte le tappe della loro vita: i giochi infantili, i primi amori e il matrimonio. Durante la malattia che porterà alla prematura morte di Laura, Claire fa una promessa all'amica: baderà a suo marito David (Romain Duris) e a sua figlia (della quale è madrina). Alla morte di Laura, Claire, seppur con grande sofferenza, si sforza di mantenere quanto promesso, e va a trovare David. Lo scenario del tutto inaspettato ed imprevedibile che si troverà davanti agli occhi però innescherà tutta una serie di avvenimenti e reazioni che i due non riusciranno immediatamente a controllare.
"Una nuova amica" è un film non pienamente riuscito: inusuale ma non originale, divisivo ma non penetrante o incisivo. La colpa è del quarantottenne François Ozon, che ha scritto maluccio e girato benino questo suo quindicesimo lungometraggio, adattandolo da un racconto breve di Ruth Rendell. Quello che rimane soprattutto in sospeso dopo la visione è: di cosa voleva parlare veramente il regista? Del sacrosanto diritto di ogni persona di scoprire e vivere la propria sessualità? Dell'elaborazione del lutto? Della misteriosa esplosione di inesplorate pulsioni sessuali? Forse di tutto questo insieme, ma nello svolgimento non è chiaro. "La mia idea era di ricreare la dimensione universale e senza tempo di una favola, un genere a cui mi riferisco all'inizio e alla fine del film" ha dichiarato il regista parigino, che però proprio da questo punto di vista si perde maggiormente: se gli intenti erano questi, una scena di stampo praticamente documentaristico come quella del night club definita dallo stesso Ozon "cuore del film" difficilmente riesce a collocarsi nell'assetto generale della pellicola, o meglio, la scena è effettivamente di indubbio valore, ma proprio per questo il difficile incastro crea dei dubbi sull'effettiva bontà della restante lavorazione.
Il meccanismo si inceppa a metà film senza riuscire a riprendersi, con le vicende che diventano prima un po' ripetitive, poi nel finale stucchevoli nella evidente volontà programmatica del regista che non porta i frutti sperati.
Le forzature e le esasperazioni (che siano di scrittura, di regia o di concetto poco importa) si pagano sempre e spesso con il conseguimento dell'effetto contrario, anche quando, come in questo caso, si perora una nobile causa.
È un peccato perché le premesse erano buonissime e perché ci sono un altro paio di scene eccezionali oltre a quella già citata: quella iniziale di Laure nella bara e quella in cui Claire scopre David.
Va inoltre riconosciuto un grande lavoro svolto sui due attori protagonisti soprattutto da un punto di vista visivo (trucco e costumi) e quello messo in atto da parte degli stessi Romain Duris e Anaïs Demoustier, che sono bravi ma forse limitati, appunto, da una scrittura tutt'altro che impeccabile, che ha reso macchinoso e "carino" un film che poteva essere bello e significativo.

La frase:
- "I bambini hanno bisogno di una madre"
- "E di un padre!"
- "Beh io sono entrambi".

a cura di Alessio Altieri

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