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Il TuttofareLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio12 aprile 2018Voto: 7.0
Capolavoro della letteratura spagnola e capostipite del romanzo picaresco, “Lazarillo de Tormes” rientra tra le dichiarate fonti d’ispirazione del primo lungometraggio diretto dal romano classe 1978 Valerio Attanasio, già autore di diversi short, nonché sceneggiatore di “Gianni e le donne” di Gianni Di Gregorio e “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia.
Del resto, come avviene nel romanzo picaresco, al centro della oltre ora e mezza di visione abbiamo un giovane cui viene contrapposto un potente che finisce per diventare per lui un maestro, o, meglio ancora un mentore. Giovane che, con le fattezze di un convincente Guglielmo Poggi, si chiama Antonio Bonocore e, convivente con il padre in una fatiscente abitazione fuori città, è un praticante in legge che sogna un contratto nel prestigioso studio del principe del foro Salvatore “Toti” Bellastella, professore di diritto penale, fine giurista e non plus ultra tra gli avvocati italiani cui fa di tutto, dall’assistente al portaborse, fino all’autista, l’addetto alla spesa e, addirittura, il cuoco personale. Fine giurista cui concede anima e corpo un Sergio Castellitto che, in un primo momento tutt’altro che distante dai grotteschi superiori fantozziani, non fatica affatto a rivelarsi il degnissimo discendente dei “mostri” regalatici dalla Commedia all’italiana degli anni Sessanta. Perché, se in alcune movenze possiamo rivedervi accenni di Vittorio De Sica e nella tipologia di romanità la viscidezza di alcuni memorabili personaggi incarnati da Alberto Sordi, è indubbio che il suo Toti sarebbe stato, a suo tempo, uno dei maggiormente disprezzabili quanto esilaranti Ugo Tognazzi da grande schermo. Tanto più che, sposato alla facoltosa Titti alias Elena Sofia Ricci, titolare dello studio in cui lui si occupa della parte legale e piuttosto tirata in fatto di soldi, quando Antonio supera brillantemente l’esame di Stato non manca di proporgli un compenso di diecimila euro al mese in cambio, però, di un “piccolo” favore: sposare al suo posto la propria amante argentina Isabel, in modo da assicurarle la cittadinanza italiana. Una Isabel che, dalle fattezze della Maria Clara Alonso nota per essere stata la Violetta di casa Disney, completa il cast di un’operazione che possiede, appunto, tutto il respiro di quello che fu il miglior cinema di Dino Risi: capace di far (sor)ridere nel raccontare gli aspetti negativi di quello che potrebbe essere il più bel paese del globo, ma trasmettendo, allo stesso tempo, un forte senso di amarezza dovuto alla consapevolezza che lo spettacolo a cui stiamo assistendo sia derivato dalla realtà quotidiana tricolore. E, man mano che appare evidente che, proprio come nel già citato “Smetto quando voglio”, ci troviamo dinanzi ad un altro sguardo leggero in fotogrammi nei confronti del precariato che affligge i laureati d’inizio terzo millennio, tra intrallazzi e descrizione di una società marcia e corrotta in tutti i suoi aspetti, non mancano neppure di essere tirate in ballo alcune cosche mafiose messe in maniera intelligente alla berlina. Con l’ulteriore, notevole pregio di non ricorrere mai, fino alla fine, a soluzioni buoniste e consolatorie, proprio come avveniva nei migliori (e cinici) lavori risiani. La frase dal film:
“Oggi quello dell’avvocato è un lavoro come un altro, sottopagato e decisamente inflazionato” I FILM OGGI IN PROGRAMMAZIONE: In evidenza - Dal mondo del Cinema e della Televisione. |
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