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Tortilla Soup
Ispirato a "Mangiare bere, uomo donna", (film di Ang Lee del 1994), "Tortilla soup" trasforma i colori ed i sapori orientali e sposta il tavolo in una tradizione completamente differente: da Taiwan alla cucina messicana.
La storia è quella di Martin (interpretato dal bravo Hector Elizondo) un cuoco in pensione, le cui uniche passioni (passioni e non doveri!) sono la cucina e l'educazione delle figlie che ormai stanno crescendo. Si troverà ad affrontare molte difficoltà, soprattutto nel modo di rapportarsi con generazioni diverse e con un mondo che non è più il suo. Ma in qualche modo avrà la sua ricompensa.
A parte comunque i personaggi, che sono tutti caratterizzati molto bene da bravi attori, il vero interprete del film è il cibo. Anzi di più: l'arte del cibo. E qui veramente il lavoro intorno ai sapori è una metafora della vita.
Se come diceva il filosofo: siamo quello che mangiamo, allora questa deve essere proprio una bella famiglia.
Il film conserva tutti quei colori con cui ci immaginiamo il Messico, anche se la storia si svolge negli Stati Uniti. Ma non importa, perché i colori, gli odori, la musica, qui sono assolutamente uno stato d'animo.
Nella cucina, dove gli odori li inventi tu, ci si innamora, si cresce, si muore anche, ma alla fine si è pur sempre vissuto. Ed è per questo che il film in questione è anche un film sulle piccole tradizioni, i piccoli riti che rendono il quotidiano, straordinario. È anche una storia di amicizia: Martin non sente più i sapori (è un problema fisico, e ovviamente anche una metafora) ma c'è Antonio (Joel Joan), il suo più grande amico, che sente i sapori per lui, fino a quando, un giorno, Martin, purtroppo, dovrà fare da solo. E ci riuscirà, in una specie di ritorno alla vita.
Forse il film ci vuole anche dire che in un mondo, dove tutto va veloce c'è un bisogno urgente di rallentare per riassaporare le nostre radici e scoprire che ce le siamo portate dentro da sempre. Basta saperle guardare. Una della figlie (Jacqueline Obradors) rifiuterà una ricchezza per poter rimanere fedele alle cose che ha amato e che ama ancora.
A tutto questo, per speziare un pò il piatto, aggiungiamo una buona regia (Maria Ripoll), un colpo di scena finale e la presenza di Raquel Welch (chi era ragazzino un pò di tempo fa, spero che se la ricordi!) in una parte che è anche ironica.
E allora non rimane che fare un augurio: buon appetito.
Renato Massaccesi
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