Tiffany e i tre briganti
In precedenza, c’erano state molte richieste per portare sul grande schermo una delle favole di Tomi Ungerer, designer, pubblicitario, caricaturista, disegnatore satirico, autore e illustratore per l’infanzia (ma anche erotico) con un curriculum di 40 mila disegni, oltre 140 libri, numerosi riconoscimenti, un Museo ed un Centro a lui dedicati. Ma nessuna lo aveva convinto. Finchè il produttore Stephn Schesch - appassionato di "Tiffany e i tre briganti" (tradotto in 18 lingue, oltre 2 milioni di copie vendute al mondo) - a partire dal ’97 ha instaurato con l’artista un rapporto professionale, che dapprima si è concretizzato nel cortometraggio tratto dal racconto "la nuvola blu" per poi arrivare coronamento del suo sogno con il coinvolgimento dello scenografo, sceneggiatore e regista Hayo Freitag.

Il problema principale - non proprio risolto - era ricavare un lungometraggio da un storia di una trentina di pagine, per cui la trama è stata chiaramente ampliata con relative divagazioni.
L’aspetto di maggiore interesse sviluppato sta nella dialettica tra il Bene e il Male, non divisi nettamente. Infatti ai simpatici Briganti (accumulano tesori senza scopo, suonano "The Entertainer" di Scott Joplin – rimando al celebre motivo del film "la Stangata" - e leggono la Dichiarazione di Indipendenza USA) si relaziona una bimba scaltra, pronta a cogliere al volo la situazione meno peggiore. E i personaggi negativi non sono in fondo un nemico temibile, visto che i tre - minacciosi e burberi - si rivelano presto benefattori dal cuore tenero e la sadica direttrice dell’orfanotrofio si suicida nell’impasto dei dolci di cui è ghiotta. Il tratto e gli accostamenti cromatici sono d’impatto visivo (come le trovate del cielo grondante liquame nero o le macchine per raccogliere barbabietole), mentre la musica con un orecchio a Tom Waits (la curano Bananafishbones e Kenneth Pattengale) o i conigli multati per "atti osceni in luogo pubblico" ammiccano un pò al pubblico adulto, per il quale però l’intrattenimento appare troppo modesto per essere tirato così per le lunghe.

La frase: "C’è grossa crisi. In questi tempi ci capita al massimo una carrozza a settimana".

Federico Raponi

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