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Una doppia veritàLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato15 maggio 2017Voto: 8.0
Keanu Reeves e Renée Zellweger sono i protagonisti di “Una doppia verità”, la pellicola diretta da Courtney Hunt e ambientata in un tribunale. Mike Lassiter è un adolescente che, stando a quanto emerso, avrebbe ucciso il padre violento. Un caso facile, un colpevole già scritto per tutti, ma non per l’ostinato avvocato difensore Richard Ramsey, che ha promesso alla madre di scagionare suo figlio. Dopo essere stato accusato di omicidio, inizia il processo che potrebbe condannarlo in via definitiva. Successivamente Mike decide di stare in silenzio per tutta la durata del processo (o quasi), ma non prima di aver detto "andava fatto tanto tempo fa". Un’apparente ammissione di colpa che non convince però Ramsey, intenzionato a portare alla luce la verità a qualunque costo. Che il giovane stia coprendo qualcuno? Ma se tutti mentono, qual è la verità?
“Una doppia verità” è un film proceduraleche racconta gli eventi accaduti nel passato, mentre i personaggi nel presente spiegano quanto successo prima dell’omicidio. Una tecnica di regia già usata più volte nel mondo del cinema e che ricorda in parte la pellicola cult “Philadelphia” (solo nel modo di gestire il caso), ma che in realtà funziona benissimo. Questo perché la regista ha avuto l’idea di mostrare solo alcuni fatti che, andando avanti con il processo, peggiorano la situazione iniziale del protagonista, il presunto colpevole. Ogni scena rappresenta il pezzo di un puzzle impossibile da realizzare perché ciò che viene dato allo spettatore sono frammenti che portano in un’unica direzione. È bene precisare però che ogni singola scena racconta quanto accaduto nella realtà (senza omissioni o aggiunte finali alla Dario Argento), solo che la regista è stata abile a mettere in luce solo al termine del film alcuni meccanismi che, senza la sua maestria, sarebbe stato facile comprendere sin da subito. Diversamente da Philadelphia, dove sapevamo esattamente quello che sarebbe successo sul finale in merito al processo, qui è difficile prevedere chi sia il reale colpevole del fatto. Pensi sia qualcuno, te ne convinci, e alla fine - svelato il mistero - ti rendi conto che non saresti riuscito ad indovinare neanche volendo. È proprio questo il punto forte del film: la sua capacità di lasciarti in sospeso per tutta la sua durata. C’è anche da dire che la pellicola è perfettamente in grado di tenere lo spettatore incollato alla sedia durante la proiezione. Questo è merito di una colonna sonora emotivamente forte, che trasmette tensione e mistero e allo stesso tempo è in linea con lo svolgersi degli eventi. Contribuisce alla riuscita del film anche una fotografia pulita e composta da tonalità prevalentemente calde. La sceneggiatura gode di dialoghi che diretti e incisivi, in grado di creare suspance nel pubblico e il ritmo narrativo è altalenante. In ogni caso, anche nelle scene più profonde, il progetto non risulta mai pesante da seguire. Ad emergere è senza dubbio il talento recitativo di Keanu Reeves, interprete dell’avvocato difensore. L’attore è risultato più credibile di Renée Zellweger la cui bravura in “Una doppia verità” è stata messa in ombra dalla potenza espressiva di Reeves. Molti sono i temi trattati nel progetto, ma quello che viene evidenziato più volte è il valore della famiglia, che spesso ci può mettere in una posizione difficile da gestire da soli e ancora più spesso ci fa commettere errori madornali. Altre volte invece capita che ci si dimentichi della sua importanza e per questo facciamo cose che mai avremmo pensato di poter fare. La frase dal film:
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