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The Water Diviner











L’esordio alla regia di Russell Crowe, premio Oscar per “Il Gladiatore” (2001), è sicuramente più che positivo. “The Water Diviner” è il racconto di un padre pronto a tutto per riportare a casa i suoi figli. La vicenda prende vita sullo sfondo della tragica Prima Guerra Mondiale vissuta nei territori della Turchia. Un uomo che ha perso tutto e ha visto il suo matrimonio logorarsi e spegnersi come la vita dei tre ragazzi mandati a morire per la patria in guerra. La morte della moglie lo spinge ad intraprendere un viaggio senza senso, fine a se stesso nella speranza di trovare un qualcosa in cui nessuno sano di mente avrebbe avuto il coraggio di credere. 1919, Gallipoli, la battaglia più dura dove in migliaia sono caduti.
Joshua Connor (Russell Crowe) è un rabdomante maestro nel sentire la terra per trovare dell’acqua, ma questa volta deve ritrovare i corpi dei suoi ragazzi in una fossa comune a cielo aperto. Il viaggio dall’Australia a Istanbul è ricco di sorprese per lui, ma potrà contare sull’aiuto di Ayshe (Olga Kurylenko) e del figlioletto dei quali si guadagnerà rispetto e, forse, qualcosa di più. “The Water Diviner” non è un film di guerra, ma bensì una cruda analisi delle sofferenze provocate da quest’ultima. Personaggio emblematico e carismatico è il maggiore Hasan (Yilmaz Erdogan), esempio di come in guerra anche le persone con la più alta moralità possano commettere le peggiori atrocità. L’attore turco, famoso in patria soprattutto per il film campione d’incassi “Vizontele” (2001), si dimostra un’ottima spalla per l’ex comandante delle legioni Fenix e lo accompagna nell’affannosa ricerca per riportare i figli a casa, guadagnandosi così l’amicizia e il rispetto dopo l’odio per le sue barbarie nella battaglia di Gallipoli.
La storia vive attraverso due filoni narrativi paralleli: il primo è quello già citato precedentemente, il secondo è proprio la tragedia vissuta dai tre ragazzi di Joshua negli attimi antecedenti la loro dipartita. Il cast è completato dall’attore Jai Courtney, già protagonista in “Die Hard – Un buon giorno per morire” e del teen movie “Divergent”, nel ruolo del Colonnello Cyril Hughes. La sua figura è probabilmente la più lineare all’interno dell’intreccio, è, infatti, il classico ufficiale inglese ligio al dovere e all’etichetta, ma alla fine anche lui cederà davanti al coraggio di un padre così compassionevole.
Le riprese nelle condizioni atmosferiche della Turchia e dell’Australia sono sempre molto complesse, ma Russell e la troupe sono stati in grado di renderle in modo cinematograficamente perfetto con dei paesaggi davvero notevoli. Trattare in modo originale un argomento toccato in precedenza con “Gallipoli” (1981) di Peter Weir e guest star Mel Gibson è stato forse il più grande pregio dell’attore e neo regista neozelandese, soprattutto capace di mettere in piedi la produzione con un budget non particolarmente importante.
La metafora del rabdomante capace di sentire l’acqua come il padre è capace di percepire la presenza dei propri figli è forse la cosa più umana in uno spettacolo di desolazione che di umano ha soltanto la brutalità della morte portata dalla guerra. La parte più sentimentalistica è sicuramente quella relativa alla speranza che, come un fuoco, si alimenta con il passare dei fotogrammi fino a divampare nel cuore di un genitore mai domo a rassegnarsi al triste destino della sua prole.
Russell scivola con lo scorrere nel film all’interno di canoni molto commerciali, come ad esempio una deriva amorosa poco giustificabile dato il “grave lutto” per la perdita di moglie e figli: il suo cambiamento repentino e la caduta tra le braccia della venere turca sono rapidi come la tempesta di sabbia che si alza nel deserto.
Tranne però le love story fuori luogo questo piccolo saggio di storia dovrebbe essere visto da tutti coloro che non conoscono il fronte orientale della Grande Guerra e che potrebbero apprezzarlo con uno dei volti più amati dagli amanti del cinema italico fin dai tempi delle sue lotte nel Colosseo.

La frase:
"La speranza è necessaria dalle mie parti".

a cura di Thomas Cardinali

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