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The time machine
Guy Pearce ("Memento") veste i panni dello scienziato di H.G Welles inventore della macchina del tempo. Australiano, come il suo predecessore nel film degli anni sessanta di George Pal, Rod Taylor, con grande convinzione miscelando bene la sua figura di studioso a quella di eroe. Questo rifacimento si avvale di tutti i più moderni ritrovati tecnologici (non per nulla la Dreamworks figura tra i produttori), ma il fascino della vecchia pellicola in alcuni momenti sembra superiore.
Alexander Hartdegen ha inventato una macchina in grado di viaggiare nel tempo, ma la sua scoperta non è dettata da motivi scientifici, bensì dal desiderio di cambiare il suo passato. La morte dell'amata Emma è un trauma che lo ha profondamente sconvolto, ma non è nulla in confronto alla ancor più atroce scoperta che i suoi viaggi non possono cambiare quello che è successo. La domanda assillante allora diventa: "perché non posso cambiare il passato?" e la risposta può essere in un solo posto: nel futuro, per l'esattezza 800.000 anni in avanti. Quello che troverà sarà la risposta, ma soprattutto un'umanità radicalmente cambiata. Apparentemente serena e bucolica, ma in realtà minacciata dai Morlocks, una misteriosa civiltà sotterranea.
Il film è puro intrattenimento con sequenze spettacolari, soprattutto quelle relative agli spostamenti temporali, ma senza una trama particolarmente profonda. Il libro di Welles, d'altronde, è stato scritto oltre cento anni fa ed anche se gli sceneggiatori hanno apportato dei leggeri ritocchi, il fascino resta tutto nell'incredibile macchina di Alexander così retrò, ma allo stesso tempo cosi futuribile.
Proprio in quest'ottica il cast, a parte Guy Pearce, non è certo stellare seppur impreziosito da due piccole partecipazioni di Jeremy Irons ("La Casa degli Spiriti") e Orlando Jones ("Evolution"), l'esordiente Samantha Mumba non convince molto, mentre la scelta di utilizzare il fratello Omero per il medesimo ruolo è stata sicuramente più felice.
Grandi mezzi scenografici, soprattutto nella realizzazione del villaggio sospeso degli Eloi, ed effetti speciali fanno passare in secondo piano una regia molto scolastica, ma d'altronde Simon Wells è il pronipote di H.G. Wells, quindi gli si può perdonare tutto.
La frase: "Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo: quelle che ci riportano indietro, i ricordi, e quelle che ci portano avanti, i sogni."
La chicca: Vox, quando gli viene chiesto un libro sui viaggi temporali da Alexander, seleziona "City on the Edge of Forever". Si tratta dell'episodio di Star Trek in cui Kirk viaggia a ritroso nella terra degli anni trenta per ripristinare una linea temporale. Tra l'altro la scena in cui Emma viene investita dall'auto è ispirata a quello stesso episodio.
Curiosità: Alan Young, che interpretava Filby nella pellicola originale di George Pal, appare brevemente nei panni del fioraio. Incredibile ma vero, indossa lo stesso vestito di scena del film originale.
Indicazioni: Un pizzico di fantascienza in attesa de "La Guerra dei Cloni".
Valerio Salvi
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