The Ghostmaker
Django, il reduce della Guerra Civile che, con il volto di Franco Nero, è protagonista dell’omonimo western diretto da Sergio Corbucci, porta a spasso una bara. Ma cosa accadrebbe se fosse una bara a portare a spasso un uomo?
Per ideare il suo terzo lungometraggio horror, dopo "Branches" (2004) e "Haunted forest" (2007), è partito da questo interrogativo Mauro Borrelli, conceptual artist di maestri della Settima arte quali Tim Burton, Bernardo Bertolucci e Francis Ford Coppola.
Infatti, al centro della circa ora e mezza di visione abbiamo il televisivo Aaron Dean Eisenberg nei panni del giovane Kyle, studente del college che svuota cantine per poter guadagnare un po’ di soldi; fino al giorno in cui, nel sotterraneo dell’abitazione di una signora piuttosto inquietante, s’imbatte in una particolare bara caratterizzata da un meccanismo a orologeria e contenente la chiave di una scatola musicale.
Bara appartenuta nel XV secolo al costruttore di meccanismi di tortura Wolfgang von Tristen, conosciuto come "L’artigiano del Diavolo" e irresistibilmente attratto dal mondo dell’oltretomba, il quale, proprio tramite essa, riuscì nell’impresa di uscire dal proprio corpo mortale.
Quindi, con il ragazzo e i suoi amici che, al fine di provare la sensazione del passaggio dalla vita alla morte, si sdraiano a turno nella cassa, un dichiarato omaggio a "Linea mortale" (1990); tanto che i protagonisti – rispettivamente con i volti di Jared Grey, Liz Fenning e J. Walter Holland – si chiamano Platt, Julie e Sutton per richiamare alla memoria gli Oliver Platt, Julia Roberts e Kiefer Sutherland interpreti della fanta-pellicola diretta da Joel Schumacher.
Ma non è l’unico titolo a tornare in mente, in quanto, man mano che il loro improvvisato gioco con l’aldilà provvede a tirargli fuori impulsi e desideri pericolosi, è possibile scorgere più o meno vaghe somiglianze sia con "Ghost - Fantasma" (1990) di Jerry Zucker che con "Le morti di Ian Stone" (2007) di Dario Piana.
Citazionismo voluto o casualità, l’importante è che l’insieme, principalmente basato sull’attesa e che relega nella sua fase finale i momenti più coinvolgenti, dimostra di essere in grado di funzionare in maniera dignitosa, nonostante gli eccessivamente lenti ritmi di narrazione.
E, se riesce nell’impresa di non scendere mai al di sotto della sufficienza, con ogni probabilità lo si deve anche al lodevole cast tecnico internazionale, comprendente, tra gli altri, Charles Bornstein, montatore di "Halloween - La notte delle streghe" (1978), e il musicista Christopher Young, il cui curriculum include "Hellraiser" (1987) e "The uninvited" (2009).
In ogni caso, però, considerando anche la presenza di Fabio Segatori – autore di "Terra bruciata" (1999) e "Hollywood flies" (2005) – tra i produttori, una pellicola di genere dal cuore tricolore, capace di oltrepassare a basso budget i confini dello stivale nello stesso modo in cui, tanti anni fa, si faceva da queste parti.
La frase:
"La morte è sempre al nostro fianco".
a cura di Francesco Lomuscio
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