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Il Quarto Tipo
Ormai da molti anni è diventato molto comune, nei lanci promozionali di molte pellicole, leggere la fatidica frase "tratto da una storia vera". Il problema di questo genere di operazioni è che nella semplice parola "tratto" si nasconde in realtà un abisso di interpretazioni, interpolazioni, manipolazioni. Le testimonianze sono tenute sotto chiave oppure non sono riproducibili in un formato cinematograficamente accettabile e in definitiva il legame tra la narrativa filmica e la storia che l'ha generata diventa sempre più flebile, fino a diventare del tutto impercettibile.
Il caso del quarto tipo si discosta non solo da questo genere di cinema, ma anche da molta documentaristica di stampo televisiva che spesso offre pseudo ricostruzioni di eventi paranormali, che si suppone siano avvenuti, ma che lasciano molto spazio a incredulità e, diciamolo, senso del ridicolo. Ne Il quarto tipo, in maniera forse lievemente pedante ma necessaria, la protagonista Milla Jojovich e il regista Olatunde Osunsanmi intervongono direttamente nel film, presentando una serie di fatti (o presunti tali) così come sono stati raccontati da una psicologa durante il suo lavoro in una lontana città dell'Alaska.
Durante una ricerca su una serie di disturbi del sonno che affliggevano alcuni abitanti della città di Nome, in Alaska, questa psicologa si trovò di fronte a una serie di coincidenze inspiegabili e fu vittima in prima persona di eventi particolarmente traumatici.
Durante il suo studio la dottoressa Tyler registrò molte delle sedute di ipnosi con supporti audio e video e il regista de "Il quarto tipo" usa questo materiale in maniera del tutto inedita. Olatunde Osunsanmi infatti presenta un accostamento diretto (tramite la divisione dello schermo) tra i nastri originali e la ricostruzione cinematografica.
Le immagini si richiamano a vicenda pur senza assomigliarsi (gli ambienti, per esempio sono completamente diversi), il contrasto tra immagine cinematografica perfetta e documento sgranato e impreciso conferisce a quest'ultimo un'aura di verità di grande potenza e le interviste alla vera dottoressa Tyler completano il corollario in maniera del tutto coerente.
Il risultato è un film che, a prescindere dalle opinioni che si possono avere sul tema dei rapimenti alieni, è profondamente inquietante e riesce ad aprire la porta a dubbi e interrogativi che l'uomo, nella vita di tutti i giorni, cerca di accantonare e di rimuovere. Non un film per i deboli di cuore o per coloro che amano porsi troppe domande sulle intenzioni che eventuali intelligenze aliene possono avere nei nostri confronti.
La frase: "La pazzia non è una cosa che puoi spegnere quando ti pare".
Mauro Corso
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