La neve nel cuore
Sono sempre rimasto stupito se non ammirato dalla creatività spesso al limite del demenziale con cui la nostra distribuzione cinematografica traduce i titoli delle pellicole straniere.
Creatività che non risparmia nemmeno "The family Stone" che si trasforma in "La neve nel cuore".
Ma non finisce qui, perché il nostro povero film appartiene anche ad un'altra tipologia distributiva, se possibile ancora più demenziale: i film di Natale che non escono a Natale.
Ahimè, brutta sorte, mentre agli spettatori che comunque decideranno di vederlo (e non ditemi che è come vedere a Gennaio un film ambientato in estate: i film di Natale vanno visti a Natale e basta) toccherà in sorte una storia che almeno, se non altro, ha un punto di partenza interessante.
E cioè quello di prendere le gambette storte, i tacchi a spillo e le nevrosi newyorchesi di Sarah Jessica Parker e del suo personaggio di "Sex in the city" e di portare il tutto in un contesto sociale che non le appartiene, con conseguenze facilmente prevedibili.
Così quando si apre il sipario ci troviamo alle prese con Meredith Morton, una "perfetta" donna in carriera che si ritrova a passare le Feste nel New Jersey con la famiglia del fidanzato Everett, una famiglia molto, anche troppo, "politically correct", con tanto di figlio muto gay fidanzato con un ragazzo black.
Gli Stone, appunto, o meglio gli Stones come la band di Jagger e Ritchards verrebbe da dire, cioè Pietre pesanti ed intolleranti pronte a schiacciare Meredith sotto la guida di Mamma Sybil alias Diane Keaton.
Da qui nascono iperboli e contrasti facili, facili, che, come ci insegna il manuale della commedia perfetta, da soli basterebbero a creare divertimento per lo spettatore, se non fosse che il regista Thomas Bezucha, forse anche perché è al secondo film e ancora non ha deciso cosa fare da grande, più che fare, appunto, strafà, e spende e spande a piene mani anche lacrime, melassa e violini di sottofondo.
E non essendo Frank Capra lascia che il film cammini su equilibri ed alchimie precarie, anche se nella sceneggiatura l'arrivo di Julie, la sorella "alternativa" di Meredith, rompe gli schemi e fa scoppiare le coppie, tra qualche sorpresa, qualche equivoco da vaudeville e qualche gag da slapstick.
Tutto il resto, come direbbe il Poeta, è noia, o se non altro cronaca:
la Keaton e la Parker fanno sé stesse diligentemente, Luke Wilson fa il figlio fricchettone senza troppa fatica, il bellimbusto Dermott Mulroney recita per la maggior parte del film con il labbro destro perennemente rialzato come se fosse stato colto da paresi e Claire Danes/Julie forse anche a causa delle ambiguità sessuali di "Stage Beauty" da cui è reduce, è bella ma sempre più androgina.
Fuori da casa Stone ovviamente nevica sempre, perché siamo a Natale e nel New Jersey a Natale nevica (anche perché altrimenti non si giustificherebbe il titolo italiano), ma è una neve che nel cuore degli spettatori, anche quelli più volenterosi, probabilmente rimarrà molto poco.

La frase: "Quindi tu sei quello che ha assaggiato la fragolina di Amy?".

Max Morini

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