La casa del diavolo
A quasi un anno dall'uscita nelle sale statunitensi finalmente arriva anche in Italia "La Casa del Diavolo", scritto e diretto da Rob Zombie, già autore de "La Casa dei 1000 corpi" (2003). In effetti la "Casa del diavolo" riprende le gesta della famiglia Firefly, un gruppo di efferati serial killer responsabili di un numero imprecisato di rapimenti ed omicidi a sfondo rituale e sessuale. Ma in questo caso i Firefly, guidati anche stavolta dal Capitano Spaulding (Sid Haig) sono le prede e non i cacciatori. Lo sceriffo Wydell li insegue implacabilmente per vendicare la morte del fratello.

"La casa dei 1000 corpi" già aveva imposto il Rob Zombie regista all'attenzione del pubblico e della critica, anche se il musicista aveva comunque diretto alcuni videoclip per i White Zombie e poi per se stesso una volta intrapresa la carriera di solista. Anche la sua musica si caratterizza per il suo forte legame con il cinema horror (si noti l'abbondanza di campionature dalle pellicole che evidentemente ama di più). Tanto per fare un esempio basti citare il video di "Living dead girl" con riferimenti che spaziano dal "Gabinetto del Dottor Caligari" (1920) fino a "Wes Craven" (La casa sulla collina, 1972) e oltre. Ma "La Casa dei 1000 corpi" nella sua fantasmagoria per certi aspetti sembrava il risultato di una giustapposizione di video musicali, incubi ed impressioni da viaggio narcotico. Questo limite viene superato completamente ne "La Casa del Diavolo", un film on the road, una lunga resa dei conti tra la famiglia Firefly (evidentemente ispirata alla famiglia Hewitt del "Texas Chainsaw Massacre" di Tobe Hooper) e lo sceriffo Wydell, in un clima che sembra evocare le atmosfere del cinema di Sam Peckinpah, ed in particolar modo Pat Garrett & Billy the Kid, film violento, sensuale e permeato da un sentore di morte che aleggia incombente su tutti i personaggi. Qui questo alone è amplificato da elementi appartenenti al mondo dell'occulto, tra cui spicca in particolare la testa di maiale in putrefazione all'entrata della fattoria dei Firefly, che ricorda la manifestazione di Belzebub nel "Signore delle mosche", il romanzo di William Golding uscito nel 1954.

"La Casa del diavolo" a livello visuale è molto legato agli anni '70 nelle luci, nei colori, nelle transizioni secche e meccaniche nella loro essenzialità, così come pure la colonna sonora, sospesa tra impressioni country e rock anch'esso anni '70. Indimenticabile la lunga sequenza finale sulle note di "Free Bird" di Lynyrd Skynyrd, che sembra discendere come la spada di un arcangelo. E ricorda allo stesso tempo le note di Bob Dylan in Billy the Kid: "Billy, non vogliono che tu sia libero".

Ma "La Casa del Diavolo" non è soltanto un film sulla vendetta, è anche uno splatter (molto moderato per la verità) ed è comunque permeato dalla grottesca ironia che aveva caratterizzato la prima opera di Rob Zombie, con dialoghi che sono destinati a diventare memorabili nella loro allegra crudezza. Una delle scene più belle è quella in cui viene interpellato un critico cinematografico (Captain Spaulding è il nome di un personaggio di Groucho Marx), personaggio quanto mai ridicolo ed inutile nelle sue conoscenze delle varie interconnessioni cinematografiche. "Di certo la tua conoscenza delle stronzate è illimitata" è la frase che si sente dire dallo sceriffo Wydell. Nel cast si può notare la presenza di numerosi caratteristi immediatamente riconoscibili tra cui spicca (in tutti i sensi) Matthew McGrory, il gigante di "Big Fish" e di "Carnivale" scomparso nel 2005. È perfettamente inutile affermare che come pellicola di genere "La Casa del Diavolo" è destinato a diventare un cult-movie. Lo è già.

La frase: "Sarà meglio che la prossima cosa che dici sia una frase di Mark Twain, perché la inciderò sulla tua tomba!"

Mauro Corso

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