Bling Ring
“Bling Ring” parte da una storia vera, quella di un gruppo di ragazze (e qualche ragazzo) che, tra il 2008 e il 2009, così ossessionate dalla fama e dal look di icone modaiole come Paris Hilton e Lindsay Lohan, entrarono nelle case dei loro beniamini derubandoli di vestiti e gioielli.
Il nome gli fu dato dai media quando scoprirono che quei furti erano collegati l’uno all’altro e fu successivamente ripreso da Vanity Fair quando intervistò i colpevoli.
Sofia Coppola racconta il tutto come se fosse il montaggio di un servizio di moda televisivo. Ecco quindi flash, capelli al vento, bella vita e tanta voglia di apparire. Si spinge il pedale sull’estetica per far emergere il vuoto di pensiero che c’è dietro, paradigma di una società occidentale che mitizza anche il più negativo dei modelli.
Il film scorre veloce verso la facile conclusione morale, nonostante la Coppola cerchi (almeno a prima vista) di rimanere il più neutrale possibile. E’ chiaro che non è così, la condanna è dietro l’angolo come dimostra l’assurda frase scelta per il finale. Niente di male, anzi, la visione è godibile, gli attori in parte (Emma Watson fa un ruolo che potrebbe essere la parodia di sé stessa) e belle sono le location, sia le case che la California in generale.
Che la regista figlia d’arte sia a sua agio quando si tratta di parlare di moda e ragazzine emergeva già in Maria Antonietta, ma qui la storia e i personaggi sono più lineari e di conseguenza, per il tipo di film, ben riusciti.
Insomma, un buon film, soprattutto se paragonato al sopravvalutato “Somewhere”, altro film sulla fama, vista però dal punto di vista noioso di chi popolare lo è anche se non lo vorrebbe affatto.
La frase:
"Andiamo a fare shopping!".
a cura di Andrea D'Addio
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