Un marito di troppo
Alta, bella, simpatica e brava. Ma non azzecca un film da tempo e l’età per fare la single sbarazzina ancora alla ricerca del primo amore comincia ad essere un po’ tirata per i capelli. Uma Thurman vive purtroppo un periodo non proprio eccezionale dal punto di vista della carriera e prova ne è che questo suo "Un marito di troppo" arrivi esattamente da noi a più di due anni dalla sua prima distribuzione internazionale. Non si punta troppo sulla sua capacità di attirare al botteghino, i lavori tarantiniani sono lontani e il pubblico non è disposto a seguirla. Qui la vediamo nell’ennesima commedia newyorkese incentrata su una donna dal cuore diviso tra due uomini. Uno è quello con cui da tempo ha una relazione e che sta per sposare, ma è un po’ noioso. L’altro è più rude e a rischio cafonaggine, ma è diretto e arriva più facilmente al cuore.
Alla base del triangolo c’è una goliardata: per vendicarsi di un consiglio dato da lei, conduttrice radiofonica, durante una trasmissione di posta del cuore, alla sua (ex) fidanzata ("Lascialo"), il vigile del fuoco Patrick Sullivan decide di entrare, come pirata informatico, nel backsite dell’anagrafe e lo modifica scrivendo il proprio nome accanto a quella della stessa deejay: da quel momento sono marito e moglie. Anche se non si sono mai incontrati, anche se lei non ha dato il suo permesso. Da questa forzatura nascerà però qualcosa di bello: i due, infatti, si ameranno per davvero, ma lei non sa che il tutto è nato non da un errore accidentale, ma da uno scherzo ben pianificato. Può durare una relazione del genere?
"Un marito di troppo" non sorprende su nulla. Non c’è un solo dettaglio di sceneggiatura che non possa essere previsto dopo una decina di minuti: dove si sta andando, come e dove ci saranno le svolte narrative, il suono delle musiche, la solita caratterizzazione etnica (stavolta India) e il finale. Ok, non per forza questo è un demerito, il cinema d’evasione dà spesso ciò che il pubblico si aspetta e nessuno rimane deluso. L’importante in questi casi é che si faccia il tutto con brio, lavorando bene sui dialoghi e sulle situazioni comiche. Qui l’ironia è ferma purtroppo a un tubo dell’acqua che bagna improvvisamente la malcapitata e all’eccentrica esibizione, in questo caso da cantante, di uno dei personaggi di contorno. Tutte le considerazioni sull’amore e i rapporti di coppia fatti dal personaggio della Thurman davanti al microfono della radio sanno di déjà-vu, così come lo è la trovata dell’innamorato che parla al telefono di quanto il proprio cuore sia sensibile ("Insonnia d’amore"?). Ci si può commuovere o immedesimare con una storia così fredda e scritta a tavolino? Rimangono da notare le belle immagini di Manhattan dall’alto, sia di giorno sia di notte, nonché la somiglianza davvero fuori dal comune, tra il protagonista maschile Jeffrey Dean Morgan e il più famoso Javier Bardem (sembrano separati dalla nascita). Colin Firth, sempre un gradino sopra agli altri, è purtroppo sprecato in questo ruolo, ma è comunque un punto a favore della pellicola.

La frase: "Qualche volta, quando sei davvero innamorato, non pensi a tutte le piccole cose intorno".

Andrea D'Addio

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