Tartarughe Ninja
In versione live action, sul grande schermo avevamo già avuto modo di vederle, tra il 1990 e il 1993, nel riuscito “Tartarughe ninja alla riscossa” di Steve Barron e nei suoi mediocri sequel “Tartarughe ninja II - Il segreto di Ooze” di Michael Pressman e “Tartarughe ninja III” di Stuart Gillard, ai quali ha fatto seguito, nel 2007, la quarta avventura cinematografica “TMNT” di Kevin Munroe, realizzata, però, completamente in CGI.
Ed è proprio grazie ai notevoli progressi effettuati dalla motion capture nel XXI secolo che, sotto la produzione del Michael Bay regista del franchise “Transformers”, torna su celluloide il quartetto delle Tartarughe ninja – conosciute in patria come Teenage mutant ninja turtles – create nel 1984 da Peter Laird e Kevin Eastman, in possesso dei nomi di grandi artisti rinascimentali e destinate a generare giocattoli, gadget, serie animate e telefilm.
Quartetto che, diretto stavolta dal Jonathan Liebesman autore dell’ottimo “Non aprite quella porta - L’inizio” e del pessimo “World invasion”, rientra in azione non attraverso un nuovo capitolo della saga su celluloide, ma tramite un vero e proprio reboot fornito di introduzione disegnata e al cui interno, come di consueto, New York è minacciata da Shredder e dal suo diabolico Clan del Piede, i quali stanno prendendo addirittura il controllo sulla polizia e sulla politica.
Una New York che sono la reporter April O’Neil e il suo cameraman Vern Fenwick – rispettivamente incarnati dalla sexy Megan Fox e da Will Arnett – a cercare di difendere al fianco di un Leonardo leader determinato alla Tom Hanks di “Salvate il soldato Ryan”, un Raffaello proto-Clint Eastwood degli Spaghetti western, un Michelangelo che si rifà al Bill Murray di “Ghostbusters – Acchiappafantasmi” e un Donatello amante della logica come lo Spock di “Star trek”.
Tutti riuniti sotto la guida del maestro ratto Splinter per ribadire che niente è più forte della famiglia; man mano che, senza dimenticare l’immancabile ironia (abbiamo addirittura un peto di uno dei verdognoli protagonisti!), la loro genesi viene rivisitata tirando in ballo, in questo caso, un esperimento di laboratorio fallito.
Mentre è un ritmo narrativo incerto a caratterizzare la circa ora e quaranta di visione che, ineccepibile dal punto di vista tecnico, se tende a mostrarsi estremamente lenta nel corso della sua prima parte, si rivela eccessivamente caotica durante la seconda; quando abbiamo sia la movimentata sequenza sulla neve, in mezzo ad automezzi distrutti e frenetiche scivolate, che il catastrofico scontro finale ad elevata altezza.
Un aspetto che, complice il buon 3D, non provvede altro che a conferire i connotati di videogioco su pellicola (tipici di molti blockbuster d’intrattenimento made in USA) all’operazione... forse non da bocciare, ma capace di lasciare soddisfatte, con ogni probabilità, soltanto le generazioni del terzo millennio amanti più del joypad che della macchina da presa e della sceneggiatura (qui esilissimo pretesto).
La frase:
"C’è un giustiziere che combatte contro il Clan del Piede".
a cura di Francesco Lomuscio
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