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Ricky Bobby: la storia di un uomo che sapeva contare fino ad uno
Nuovo film per l'interprete di Elf, Will Ferrell, stavolta ambientato nel mondo della Nascar: una serie di gare automobilistiche molto seguite in America, a cui partecipano delle vetture da strada modificate.
Il film ci racconta la storia di Ricky Bobby (Will Ferrell), che fa suo l'unico insegnamento lasciatogli dal padre, abile pilota automobilistico, prima di abbandonarlo da bambino: "Se non arrivi primo, sei ultimo". Divenuto adulto, casualmente scopre di essere anch'egli un pilota fuori classe e inizia a gareggiare ottenendo vittorie, fama e denaro. Al culmine della carriera, quando anche nella vita privata sembra realizzato, si profilano delle ombre all'orizzonte: battere un temibile avversario, il francese Jean Girard, e superare lo choc dovuto ad un grave incidente.
Ricky Bobby potrebbe sembrare la parodia dei film ambientati nel mondo sportivo, ma la lealtà sportiva, il tifo, la passione, l'amicizia e il desiderio di vittoria sono ridicolizzati al pari dell'eccesso di pubblicità e di sottomissione agli sponsor che oggi tanto spesso si vedono nello sport.
Data l'impostazione comica del film, si potrebbe soprassedere alla totale mancanza di definizione caratteriale dei personaggi, che sono una carrellata di macchiette demenziali, o anche alla mancanza di originalità della storia, che altro non fa che buttare nella mischia una serie di temi da cui potrebbero nascere decine di film: il rapporto dal protagonista con il padre, la cattiva educazione dei figli, la superficialità della moglie, gli incidenti che minano la sicurezza del campione e via dicendo.
Tanta superficialità sarebbe decisamente messa in secondo piano, se le battute e le situazioni del film fossero realmente divertenti; purtroppo ci troviamo davanti a una serie di gag ripetitive e prevedibili, l'andare contro corrente (le battute sui gay o le parolacce in bocca ai bambini, tanto per citare alcuni esempi) sembra poco spontaneo e manca di vera ironia, anche la polemica contro l'ossessiva pubblicità e il desiderio di ascolti record che serpeggia per tutto il film non ha mordente.
E' invece curata bene la parte più tecnica come le luci, le scenografie e i costumi; e risultano apprezzabili le scene in cui vengono mostrate le gare: un montaggio ritmato e un'ottima colonna sonora che si fonde al rombo dei motori, rendono bene la grinta e il pathos del momento.
Decisamente un film per gli amanti di Ferrell, o tutt'al più dell'automobilismo, a patto che reggano quasi due ore di sciocche battute.
La frase: "Grazie bambino Gesù, per lo sponsor e i suoi bei soldoni".
Ilaria Ferri
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