Taken 3 - L'ora della verità
Affrontata in “Taken-La vendetta” (2012) la banda di criminali guidata dal vendicativo padre di uno dei malviventi albanesi che, intenti ad avviare giovani donne alla prostituzione, gli avevano rapito a Parigi la figlia Kim alias Maggie Grace in “Io vi troverò” (2008) di Pierre Morel, l’ex agente della CIA Bryan Mills torna all’opera in questa terza avventura, diretta come la precedente dall’Olivier Megaton che si occupò di “Transporter 3” (2008).
E, ancora una volta su sceneggiatura del produttore Luc Besson e di Robert Mark Kamen, è sempre Liam Neeson a concedere anima e corpo a colui che, grazie alle “capacità molto particolari” apprese in anni di addestramento e carriera, non appare mai impreparato dinanzi a chi intende fargli del male; in questo caso incastrato per un omicidio che non ha commesso e, di conseguenza, impegnato non solo a non farsi prendere dalle forze dell’ordine, ma anche a scoprire i veri assassini.
Mentre, al di là della Famke Janssen di “Goldeneye” (1995) che torna nel ruolo della ex moglie Lenore, è il vincitore del premio Oscar Forest Whitaker ad incarnare il Franck Dotzler che guida la caccia all’uomo volta a rendere la pellicola completamente differente, in fatto di struttura, rispetto alle prime due.
Perché, se in esse venne privilegiato il massacro di cattivi atto a regalare quel liberatorio effetto sazia-sete di giustizia post-11 Settembre 2001, qui il tutto mira a costruirsi più sullo sviluppo di un dialogato script al sapore di giallo poliziesco che sul movimento tipico degli action-movie.
Una scelta finalizzata probabilmente a spiazzare lo spettatore proponendogli un seguito diverso dal solito, ma che, tra fughe attraverso tunnel fognari e rampe d’ascensore, rischia non poco di lasciarlo deluso, considerando le aspettative create dall’esplosivo capostipite e dalla sua già meno riuscita continuazione.
Del resto, che Megaton non fosse particolarmente abile nella gestione del genere caro a Jason Statham e simili era chiaro da diverso tempo e trova qui ulteriore conferma; in quanto non sono affatto sufficienti una manciata di inseguimenti infarciti di automobili distrutte e qualche scontro corpo a corpo a elevare dal senza infamia e senza lode un piuttosto prevedibile elaborato a continuo rischio di fiacchezza e che sembra riservare nell’ultima mezz’ora di visione la sua parte maggiormente coinvolgente.
Oltretutto penalizzato dall’indispensabile ironia sempre meno sfruttata e dalla errata tendenza ad alleggerire la spietatezza del protagonista, che l’Oskar Schindler del grande schermo rende stavolta con non troppa convinzione.
La frase:
"Ora sono sicuro che sai chi sono. Sai di cosa sono capace".
a cura di Francesco Lomuscio
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