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Sulla mia pelleLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato02 settembre 2018Voto: 8.0
La vicenda è nota a tutti: Stefano Cucchi è un giovane morto a causa delle percosse subite da parte dei carabinieri durante il suo arresto. Questa la storia raccontata da ”Sulla mia pelle”, il film targato Netflix, per la regia di Alessio Cremonini e con interprete principale Alessandro Borghi. Un dramma il cui esito, che tutti conosciamo, lascia l’amaro in bocca. La giustizia, che dovrebbe salvaguardare il popolo italiano, diventa la responsabile di un omicidio. Perché di questo si tratta. E quanti casi negli ultimi anni ci sono stati? Quante persone sono morte per mano delle autorità? Quanti colpevoli hanno scontato la loro pena? Ma il film di Alessio Cremonini non vuole essere un’opera di denuncia, ma bensì un racconto dei fatti che hanno costituito gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, a partire dal suo arresto per l’accusa di spaccio e detenzione di droga.
Il film di Alessio Cremonini è una bella scoperta. Quando si tratta di fatti realmente accaduti, tendenzialmente, si cade nel tentazione di farne un’opera di denuncia, per cercare, forse, di portare il pubblico a credere una cosa piuttosto che un’altra. In questo caso, nonostante lo spettatore sia comunque portato ad avere un’idea ben precisa di ciò che è accaduto in passato, si lascia poco spazio a chi siano i reali colpevoli dell’omicidio, e si guarda di più all’aspetto umano, interiore, emotivo che è l’universo affrontato dal protagonista della tragedia. Come ha vissuto i suoi ultimi giorni di vita? Cosa ha provato? Quando dolore ha dovuto sopportare prima della sua morte? Tutte domande a cui il “Sulla mia pelle” riesce a dare risposta, soprattutto grazie all’ottima interpretazione di Alessandro Borghi, che tra tutti gli interpreti del film, è risultato il più credibile e autentico. Con quel parlato romano, un linguaggio terra a terra che dona una maggiore autenticità al racconto. Per non parlare poi della fotografia, composta da tonalità fredde, come si addice alle circostante narrate. La pellicola si contraddistingue anche per la sua cupezza intensa, che rende ancora più tormentata la storia, più cruenta, più reale, che esprime in tutto e per tutto quel senso di sofferenza che solo chi la prova può capire. Ma evidentemente Alessandro Borghi è in grado di mettersi nei panni dell’altro e trasmettere il dolore che lo costringe ad un letto, in questo caso, senza risultare mai fuori parte. Un ruolo fondamentale nella riuscita della pellicola è da attribuire in particolare modo ad Alessio Cremonini, che con la sua regia, fatti di primi piani che colpiscono al cuore, come una fucilata ben assestata, come se un tir che lo calpesta e lo spezza in mille piccoli pezzi che, man mano che il racconto prosegue, si moltiplicano, lasciando nello spettatore un vuoto incolmabile, un’amarezza indicibile. Eppure, al di là della riuscita di “Sulla mia pelle”, qualcosa che non va c’è: la sceneggiatura poco convincente, fatta di dialoghi (pochi) non particolarmente originali e, se vogliamo dirla tutta, anche banali. Insomma, poteva essere meglio dal punto della scrittura, che sì, è vero che un film che guarda al lato più “umanistico” della vicenda non ha bisogno di grandi discorsi per funzionare, ma è anche vero che un po’ di inventiva in più, di accuratezza in più, avrebbe dato risultati migliori. Non tralasciamo poi uno dei temi principali del film: la paura di dire la verità, di parlare quando si ha contro qualcuno di più potente di noi. Perché nella società odierna spesso è così che va a finire: vince il più forte. E lui, Stefano Cucchi, ha perso la vita proprio per mano del più forte. La frase dal film:
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