Spider
Le macchie di Rorschach che fanno da sfondo ai titoli di testa mi hanno confermato un'intima idea che andavo maturando apprestandomi alla visione di questo film, e cioè che l'incontro tra due personalità artistiche come il regista David Cronenberg e lo scrittore Patrick McGrath non poteva, non avere un esito felice. Lo scrittore inglese autore di romanzi di grande successo come "Follia" e "Il morbo di Haggard" sembra essere il complemento necessario e logico della complessa e singolare regola estetica del regista canadese. Cronenberg gira questo film - per l'appunto tratto dal romanzo "Spider" di McGrath che ne ha anche curato la sceneggiatura - con la familiarità che un'artista ha con un'opera che da sempre sembra vorticargli nella testa. Le tematiche della pazzia e della sanità si intersecano con l'eterna dicotomia tra essere e apparire, incubo e realtà. Raccontare, anche solo per cenni, la trama di questo film sarebbe un'operazione ingiusta nei confronti dell'impianto narrativo dell'opera oltre che difficoltosa nello sforzarsi di non dire troppo o troppo poco. Diciamo che è una storia di quotidiana allucinatoria follia dove il disturbo psichico assurge a momento qualificante di una categoria esistenziale in un dato tempo ed in un dato luogo. Tempi e luoghi che non sono però casuali o astorici. La storia, come la vita, è ben radicata nella realtà concreta del quando e del dove avviene, con i suoi palazzi, le sue strade, i suoi locali, e le persone che li frequentano.
Il film è girato da Cronenberg con la consueta cura e ricercatezza. Ogni inquadratura è frutto di uno studio accurato ed attento. Ogni taglio o sequenza mettono in mostra le qualità pittoriche e prospettiche del regista che non lesina mai di impreziosire, e impreziosirci, con una ricerca della luce e delle sue fonti che mostrano l'estrema conoscenza di Cronenberg dei maestri della pittura rinascimentale. L'occhio di Cronenberg, come quello dei protagonisti del film - assolutamente calato nella parte un gigantesco Ralph Fiennes - è un occhio che dietro ha una mente che ne governa anche le più intime ed impercettibili funzioni. Quello che vediamo non è, ma al massimo potrebbe essere. Ed è in questa potenzialità che l'opera si innesta con dialoghi secchi ma incisivi, con personaggi finemente modellati col temperino, con aneddoti ed espedienti sempre significativi. Quella tela di ragno che aleggia leggera ma presente nei momenti cruciali, quando la storia imbocca la via di quella che sembra essere l'unica soluzione possibile, ne è un esempio illuminante. Accanto a Ralph Fiennes ruotano due altri ottimi interpreti come Gabriel Byrne, intenso e drammatico, ed una polivalente, insondabile e misteriosa, Miranda Richardson, alla prova con una parte di quelle che nobilitano una carriera.
Lo spazio di una recensione è impietosamente troppo angusto per poter compiutamente ragionare su questo film, l'unico consiglio che vi posso dare è di andare senza indugio a vederlo. Anche se la visione susciterà il vostro amore o il vostro odio, comunque, non vi lascerà indifferenti.
Das
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