23 Aprile 2009 - Intervista
"State of Play"
Intervista al regista.
di Francesco Lomuscio

In occasione dell'uscita italiana del thriller "State of play", tratto dall'omonima serie televisiva, abbiamo incontrato a Roma il regista Kevin Macdonald per scambiare qualche parola sul film.

In fase di pre-produzione, come è stato ripartito il lavoro tra gli sceneggiatori?
Kevin Macdonald: Preciso che non sono un grande appassionato di serie televisive, ma "State of play" mi era piaciuta molto, anche se nel film nessun dialogo è stato preso da essa; poi, la Universal mi ha mandato la sceneggiatura e inizialmente McAffrey non doveva essere interpretato da Russell Crowe, ma da Brad Pitt. All'inizio lo script era stato affidato a Matthew Michael Carnahan, il quale, però, ha dovuto sospendere il lavoro perché aveva un problema personale con il figlio malato; tra l'altro, a lui non piaceva quel tipo di sceneggiatura, in quanto troppo vicina alla serie televisiva. Successivamente, ho lavorato per due mesi con Tony Gilroy, che poi ha lasciato per fare "Duplicity", quindi mi sono trovato a lavorare per tre settimane con Billy Ray, già a conoscenza della tematica del giornalismo, che aveva affrontato con "Breach-L'infiltrato" e "L'inventore di favole".

Quale è la differenza maggiore tra il film e la serie?
Kevin Macdonald: Le differenze sono molteplici e fondamentali, perché stiamo parlando di una serie televisiva di sei ore e di un film di due. Quindi, il punto centrale per offrire un lungometraggio che abbia un significato è mantenere una storia semplice facendola sembrare molto complessa. C'è stata una diminuzione del numero dei personaggi e una variazione dei rapporti che li legano. In sintesi, potrebbero esserci un inizio e una fine in comune, ma nient'altro nello sviluppo della storia.

Cosa ha provato quando Brad Pitt ha abbandonato il progetto? E come è avvenuta la scelta di Russell Crowe?
Kevin Macdonald: Inizialmente, ho lavorato con Brad per molto tempo, perché è lui che mi aveva richiesto come regista dopo aver visto il mio "Touching the void-La morte sospesa". In quel momento, però, era molto occupato perché stava per girare "Il curioso caso di Benjamin Button" e aveva da fare molti figli (ride), quindi non si è reso conto del fatto che lo sviluppo della storia aveva preso due vie diverse, perché la sua, a differenza della mia, era molto più vicina alla serie televisiva. Alla fine, la sceneggiatura non gli piacque, e se ne andò quando mancavano solo quattro giorni al primo ciak. Però, guardando indietro credo che mi abbia fatto un favore ad andarsene, perché il ruolo non era forse adatto a lui e probabilmente se ne era anche reso conto. Quando gli studios mi hanno dato carta bianca ho scelto Russell Crowe, sia perché lo ritengo uno degli attori più in gamba di Hollywood, sia perché la parte gli si addice particolarmente.

Come mai, a differenza della serie televisiva, il direttore del giornale nel film non è un uomo ma Helen Mirren? Inoltre, perché il suo personaggio, rispetto a quello a cui s'ispira, è molto più asservito ai doveri che ha nei confronti della multinazionale che detiene la proprietà del giornale?
Kevin Macdonald: Sviluppando la sceneggiatura, non riuscivo a non ricordare la voce del personaggio del direttore del giornale della serie televisiva, perché era quello più forte. Ero quindi deciso a liberarmi dalla serie e pensai che l'unico modo per distaccarmene fosse quello di trasformarlo in donna, anche perché lo avrebbe reso diverso nel rapporto con il giornalista protagonista. Il personaggio interpretato da Crowe, infatti, è molto mascolino, ma si trova a sandwich tra la sua collaboratrice e la loro direttrice, due donne molto forti che non hanno alcun legame affettivo o sessuale con lui, ma creano una buona dinamica della storia. Poi, mi sono anche reso conto del fatto che Paul Abbott, sceneggiatore della serie, non era affatto interessato ad approfondire la questione del giornalismo, mentre io ho voluto dare più valore a questo lato della vicenda.

Considerando il suo mestiere ieri di giornalista e di autore di documentari oggi, quale rapporto intrattiene con la realtà e i personaggi? E, a tal proposito, possiamo considerare un suo alter ego il personaggio interpretato da Russell Crowe?
Kevin Macdonald: In sostanza sì, ma il mio occhio, sia da giornalista che da filmmaker, tende a concentrarsi sul personaggio più pregnante. E' evidente che m'interessino personaggi complessi e pieni di difetti, come me stesso, che sento molto più umani e reali.


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