Silver Case
E’ quello dell’Eric Roberts protagonista di "A 30 secondi dalla fine" (1985) e fratello della Julia portata al successo da "Pretty woman" (1990) il primo nome che leggiamo nei titoli di testa del lungometraggio d’esordio di Christian Filippella, italiano trapiantato negli Stati Uniti che dichiara in questo caso di essersi ispirato al cinema di genere e i b-movie degli anni Sessanta e Settanta, dalle commedie sexy ai film d’azione a basso budget.
Eppure, è sufficiente dare uno sguardo alla trama per comprendere che, in realtà, ci troviamo dinanzi all’ennesima commedia dal retrogusto nero sfornata dall’ennesimo emulo dell’enfant terrible di Hollywood Quentin Tarantino.
Infatti, è la mancata consegna di una valigetta argentata dal contenuto misterioso a essere sfruttata quale molla scatenante di una serie di imprevedibili eventi ruotanti attorno alla figura di colui che viene definito il "Senatore" (Roberts, appunto), spietato produttore della mecca del cinema che sembrerebbe disposto a tutto pur di distruggere il proprio diretto concorrente.
Quindi, una sorta di miscuglio tra "Get shorty" (1995) di Barry Sonnenfeld e "Pulp fiction" (1994) che tende principalmente a puntare sulla non disprezzabile prova sfoggiata dal cast, spaziante dal veterano Seymour Cassel de "L’assassinio di un allibratore cinese" (1976) al Brian Keith Gamble che già si era posto al servizio del giovane regista nel cortometraggio "White widow" (2009), passando per la Claire Falconer di "H2Odio" (2006), anche produttrice esecutiva del film.
Ma, sebbene si proceda all’insegna del movimento con battute capaci qua e là di strappare qualche sorriso e non vengano nemmeno risparmiati spargimenti di liquido rosso, l’insieme non fatica ad apparire fiacco e noioso agli occhi dello spettatore.
Probabilmente, non a causa della fattura del lungometraggio in se, la quale rientrerebbe tranquillamente nella media, ma della scelta di proporre una tipologia di prodotto decisamente anni Novanta e non basata sul fattore nostalgia. Di conseguenza, una tipologia di prodotto che non può fare a meno di risultare fuori tempo massimo.
La frase:
"Hollywood è diventata un modo per riciclare il denaro sporco".
a cura di Francesco Lomuscio
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