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Sette minuti dopo la mezzanotteLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Sara D'Agostino11 maggio 2017Voto: 8.5
Dopo i successi di The Impossible e The Orphanage, il regista J.A. Bayona torna dietro la macchina da presa per dar vita alla trasposizione cinematografica del pluripremiato romanzo di Patrick Ness, Sette minuti dopo la mezzanotte (A monster calls).
Il romanzo, ispirato a un’idea dell’autrice Siobhan Dowd, scomparsa prematuramente, ha un fortissimo impatto emotivo così come l’omonimo film di Bayona che ha già ottenuto ben 9 premi Goya, il più importante riconoscimento cinematografico spagnolo. Protagonista della storia è il piccolo Conor (Lewis MacDougall) che è costretto ad affrontare la terribile malattia della mamma (Felicity Jones): una situazione che lo destabilizza e lo fa soffrire. Conor però non riesce a dar voce al proprio dolore, si sente sopraffatto da una dura realtà che lo ha reso adulto prima del tempo, così si rifugia nei suoi bellissimi disegni e le sue notti sono turbate sempre dallo stesso incubo. La solitudine del bambino è acuita dagli atti di bullismo che subisce a scuola, dall’assenza del padre (Toby Kebbel) che si è trasferito in America e ha una nuova famiglia e dal difficile rapporto con l’austera nonna (Sigourney Weaver). Sembra che nessuno riesca ad udire il soffocato grido di aiuto di un bambino che vuole disperatamente che qualcuno si occupi di lui finchè una notte, esattamente sette minuti dopo la mezzanotte, il secolare Tasso che Conor vede dalla finestra della sua cameretta prende vita e si materializza davanti ai suoi occhi in tutta la sua terrificante magnificenza. Il mastodontico albero andrà a trovare Conor ogni sera, sette minuti dopo la mezzanotte, e, raccontando delle storie che il bambino ascolta e riesce ad immaginare, lo accompagnerà in un impervio e doloroso cammino introspettivo alla scoperta di sé e delle proprie reali emozioni. Sette minuti dopo la mezzanotte offre a Bayona la possibilità di misurarsi con argomenti che aveva già esplorato nei suoi film precedenti: personaggi che si trovano ad affrontare situazioni particolarmente intense, momenti dalla forte carica emotiva su cui incombe la morte. Conor, infatti, si trova a dover riconsiderare il proprio rapporto con la madre in vista della drammatica eventualità che questa possa lasciarlo. Il bambino non riesce a prendere coscienza delle sue emozioni o semplicemente non vuole affrontare i suoi veri sentimenti di fronte alla morte. La sfera dell'emotività di Conor risulta quasi bloccata, come del resto l’incubo che vive ogni notte ma che non ha mai una fine, e l'arrivo del Mostro gli consente di sbloccarsi, di sperimentare tutti i suoi sentimenti, di dar voce al proprio dolore, alle sue paure più recondite. E' quando si materializza il mostro che Conor di fatto comincia ad esistere, il suo “io” interiore si identifica con la magica creatura e si concretizza non più solo nei suoi disegni, ma anche nelle sue azioni, nei suoi gesti e nelle parole che finalmente riesce a tirar fuori. La pellicola è molto intensa e rispecchia fedelmente il grande pathos e le atmosfere del romanzo omonimo, cosa che sicuramente è stata resa possibile anche grazie al fatto che lo stesso Ness ne abbia scritto la sceneggiatura. Le eccellenti interpretazioni degli autori, fra cui spiccano sicuramente quella del giovanissimo MacDougall e quella di Liam Neeson che presta la sua intensa voce al Mostro, contribuiscono a rendere memorabili le scene più significative del film. La frase dal film:
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