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Scappo a casa

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio18 marzo 2019Voto: 5.0
 

  • Foto dal film Scappo a casa
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Il bianco si può sporcare, il negro è già sporco. Ci infestano con la negritudine.
Il matrimonio è come accollarsi un obbligo senza profitto.
Sono soltanto alcune delle convinzioni orgogliosamente sfoggiate dal calvo Michele, sostenitore della diseguaglianza ingiustificabile e per il quale ciò che conta è apparire, tanto che quando esce con le donne porta in testa i capelli, o, meglio, quel che definisce un surrogato che gli dà sicurezza.
Il Michele cui piace guidare le automobili di lusso vendute nella concessionaria dove lavora come meccanico e che, assiduo frequentatore di social network, è il classico italiano medio schiavo degli status symbol e intollerante nei confronti di qualsiasi forma di diversità.

Il Michele che, lontano dai colleghi di lunga data Giovanni Storti e Giacomo Poretti, è Aldo Baglio ad incarnare sotto la regia di Enrico Lando, autore, tra gli altri, di “Amici come noi” con Pio e Amedeo e dei due lungometraggi cinematografici che hanno avuto per protagonisti i “soliti idioti” Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio.
Del resto, accompagnato dall’aria dell’opera “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, non risulta assente un evidente omaggio a “Tre uomini e una gamba” – primo film interpretato da Aldo, Giovanni e Giacomo – nel corso della oltre ora e mezza di visione destinata ad evolversi con Michele che, in viaggio di lavoro a Budapest, finisce per essere scambiato per un tunisino, trovandosi a vivere ad occhi aperti il suo peggiore incubo affiancato proprio da persone di colore, da lui sempre discriminate.
Un incubo che, tra rocambolesche fughe, un’escursione all’interno della fatiscente abitazione di due croati razzisti dal grilletto facile e un imprevisto con una mina, provvede a delineare una commedia on the road guardante in maniera evidente a modelli internazionali; man mano che si aggiunge al cast Angela Finocchiaro e che non fatica ad emergere un certo retrogusto western.

Sebbene ad incuriosire sia il fatto che, nel tentativo di fondere uno dei leggeri filoni maggiormente preferiti dagli spettatori italiani con le sempre più attuali tematiche dell’immigrazione e delle integrazioni, non appare difficile intuire che ci si trova dinanzi ad una tipologia di operazione tutt’altro che distante da quella che aveva caratterizzato nel 2018 “Contromano”, diretto e interpretato da Antonio Albanese.
L’Antonio Albanese che, in quel caso proprietario di un negozio di calze e in continuo contrasto con un venditore ambulante africano dello stesso articolo, decideva di rapirlo per riportarlo al suo paese, lasciando emergere un discorso sociale in maniera analoga a quanto qui effettuato.

E, se in quell’occasione la comicità non mancava di essere posta in secondo piano per favorire il lato più impegnato di un insieme non del tutto convincente, “Scappo a casa” parte bene, per poi rivelarsi sempre più fiacco dal punto di vista narrativo e riuscire raramente nell’impresa di strappare risate... con tanto di qualche esilarante storpiatura della lingua francese.


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