Roma Criminale
Il poliziottesco, o poliziesco all’italiana, manca da lungo tempo dalle sale cinematografiche. Roma criminale, di Gianluca Petrazzi, vuole essere il ritorno di un genere amato e, ormai, dimenticato dai tempi dei registi Umberto Lenzi e Stelvio Massi, o di personaggi famosi come il celebre commissario Nico Giraldi, interpretato da Thomas Milian. Se questa è senza ombra di dubbio l’intenzione del regista, più perplesso è l’esito.
Roma criminale narra la storia di Marco Lanzi (Alessandro Borghi), vicecommissario aggiunto in un commissariato della periferia romana. Pur essendo impulsivo e indisciplinato, Lanzi svolge il suo lavoro con grande dedizione, assumendo con trasporto e con una boriosa imprudenza simile al coraggio. Il vicecommissario viene a sapere che Vincenzo Marrazzo (Luca Lionello), detto “er Toretto” è uscito di galera dopo aver scontato trent’anni di reclusione perché ritenuto dai giudici il mandante dell’omicidio del commissario Lanzi, padre di Marco. Il suo rilascio rimesta nel dolore ancora vivo del giovane poliziotto che segue il proprio filone d’indagini nonostante sia stato sospeso dal servizio per cattiva condotta. Il lavoro non c’entra più: è una questione personale.
L’idea è buona: resuscitare un genere e farlo con un personaggio, “er Toretto”, che dopo decenni di galera si trova a cavallo tra un vecchio genere di criminalità, quella degli anni settanta, nelle cui regole si è formato e una criminalità nuova, impersonata dal “Columbia”, spregiudicato criminale latinoamericano col quale “er Toretto” avrà a che fare dopo il suo rilascio. Il film, tuttavia, non può dirsi riuscito: lo sviluppo della trama è decisamente imperfetto, sia a causa di veri e propri vuoti nella sceneggiatura che rendono illogici e incomprensibili alcuni passaggi chiave della storia; sia perché l’andamento della narrazione tende a precipitare in modo goffo, fino al finale affrettato e poco emozionante. Se si tengono in considerazione le potenzialità dell’idea, la sua attuazione risulta deludente.
Di buono c’è che si ride. I personaggi sono simpatici ed è divertente il rapporto di amicizia tra il vicecommissario scapestrato e il suo braccio destro, Gargiulo, poliziotto ormai a fine carriera, timoroso che le bravate dell’amico gli costino la pensione. Ben riuscite sono anche alcune scene rappresentative di uno spirito romano genuino, tipico delle osterie e di alcune periferie. Proprio su questi punti di forza il regista avrebbe potuto lavorare di più, in modo da rendere migliore un film che, altrimenti, risulta assolutamente senza carattere.
La ristrettezza del budget e la tempistica tiranna non possono scusare i difetti di regia e le lacune della sceneggiatura, per quanto Luca Lionello affermi scherzosamente che “i soldi erano finiti e quindi abbiamo rischiato di spararci sul serio per fare uscire il sangue nelle sparatorie”. Per quanto ci piacerebbe poterlo affermare, e nonostante le buone intenzioni degli autori, non si può dire che il poliziesco all’italiana sia tornato a nuova vita. Chissà che in futuro non seguano altri e più riusciti tentativi.
La frase:
"Noi siamo la polizia: forze dell’ordine, non forze che scassano tutt’i ccose!".
a cura di Simone Arseni
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