Ritorno al futuro
Un adolescente con le fattezze dell’allora ventiquattrenne e poco conosciuto Michael J. Fox, Christopher Lloyd nel ruolo del folle scienziato Emmett Brown detto Doc, che lo ha consegnato alla storia del cinema, e, soprattutto, un’affascinante Delorean alimentata a plutonio e in grado di viaggiare avanti e indietro nel tempo.
Accanto agli ottimi effetti visivi, sono questi, principalmente, gli elementi vincenti del quarto lungometraggio diretto da Robert Zemeckis, il quale, prima di quel fatidico 1985, aveva firmato soltanto le commedie "1964: Allarme a New York - Arrivano i Beatles" (1978) e "La fantastica sfida" (1980), oltre all’avventura proto-Indiana Jones "All’inseguimento della pietra verde" (1984).
Lungometraggio che, a partire dalle prime immagini, accompagnate da "The power of love" di Huey Lewis and The news, non può fare a meno di coinvolgere in maniera emozionante lo spettatore all’interno della vicenda di Marty McFly, il quale, accidentalmente ritrovatosi nel 1955 ed appreso che i suoi futuri genitori rischiano di non innamorarsi e, quindi, di non metterlo più al mondo, si vede costretto a fare di tutto per risolvere la situazione.
E, tutt’altro che priva d’ironia, è una eccellente sceneggiatura – scritta dallo stesso Zemeckis insieme a Bob Gale – caratterizzata da ogni singolo dettaglio messo al posto giusto e da dialoghi memorabili ("Ehi tu porco levale le mani di dosso" è soltanto una delle frasi entrate a far parte dell’immaginario collettivo) a fare da base alle quasi due ore di visione, le quali, aggiudicatesi il premio Oscar per i migliori effetti sonori, ottennero una candidatura proprio per lo script, oltre che per il sonoro e per la già citata canzone di Lewis.
Canzone che va ad inserirsi all’interno di una splendida soundtrack comprendente, oltre agli ormai storici temi a firma di Alan Silvestri, due splendide riletture delle sempreverdi "Earth angel" e "Johnny B. Goode", volte a rendere ancor più emozionante la bellissima sequenza pre-finale del ballo scolastico.
Tutti aspetti positivi che, insieme ad un Crispin Glover (di sicuro uno degli attori più sottovalutati della storia di Hollywood) perfettamente calato nei panni di George McFly, padre del protagonista sempre alle prese con il prepotente Biff Tannen alias Thomas F. Wilson, vanno ad impreziosire quello che possiamo riconoscere quale capolavoro del futuro autore di "Forrest Gump" (1994).
Un capolavoro che, al di là dell’indiscutibile professionalità manifestata dal cast tecnico-artistico, nasconde con ogni probabilità buona parte dei propri ingredienti segreti in quel colorato e romantico periodo storico conosciuto come anni Ottanta, durante il quale si continuava a sognare anche una volta riaperti gli occhi ed usciti dalla sala cinematografica. Consapevoli, però, del fatto che non è mai troppo tardi per porre rimedio ai grossi problemi, proprio come nel film di Zemeckis.

La frase:
- "I McFly non hanno mai significato niente nella storia di Hill Valley"
- "Ma la storia cambierà"

Francesco Lomuscio

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