Rise - La setta delle tenebre
Il morso di un vampiro significa contagio. C’è chi la prende bene, essere eredi di Dracula ha i suoi vantaggi, e chi non ce la fa proprio ad uccidere altre persone per dissetarsi e così, prima di ficcarsi un paletto nel cuore o mangiare uno spicchio d’aglio, cerca di vendicarsi con chi li ha portati a questa situazione. E’ quel che capita a Lucy Liu, ennesima vittima di un popolo di mostri così tante volte esplorati al cinema che non c’è neanche il bisogno di spiegare come, quando, dove e perchè esistono. Ci sono e basta, e il loro carico di depravazione e sangue non può che far paura, almeno per Sebastian Gutierrez, regista e sceneggiatore di "La setta delle tenebre". Il suo approccio alla questione è piuttosto lineare: non si può non aver paura dei succhiasangue, il solo loro apparire o essere evocati terrorizza lo spettatore. Insomma, sprecarsi nel trovare una qualche idea che crei suspanse o renda un pizzico interessante una trama semplice come tante altre, non vale la pena.
C’è poco da recriminare: parliamo di un film che è "di cassetta" fin nell’anima. L’horror costa poco e non va mai in perdita (soprattutto grazie al mercato home-video) e se poi ci si mette un pò di erotismo (e qui qualsiasi occasione è buona per vedere una ragazza in topless o ammirare il fondoschiena della Liu) l’introito è garantito (dimostrazione ne è il fatto che un film del genere sia distribuito anche fuori dagli Usa).
I canonici 90 minuti vengono così riempiti alla bell’e meglio nell’attesa che si arrivi allo scontato scontro finale. Scene e battute viste e riviste si susseguono senza ironia, semplificando qualsiasi situazione potenzialmente più articolata e facendo poco affidamento sulla logica dello spettatore (va bene che parliamo di vampiri, ma se un corpo si butta da un ponte su di un autostrada trafficata qualcosa succederà pure! E questo è solo uno dei tanti esempi). I personaggi appaiono e scompaiono (il mentore di Lucy Liu dura lo spazio inspiegabile di tre battute e un addestramento flash) e se si vede per un attimo Carla Gugino (prima mora, poi bionda, bah), è probabilmente solo perché è la moglie del regista e un cameo in famiglia non si rifiuta mai. Rimangono le citazioni, volontarie o no: dalla Liu che dentro la cassa da morto dell’obitorio sembra voler uscire come faceva La Sposa sua antagonista in Kill Bill al Michel Chicklis (già protagonista della serie The Shield), a cui viene chiesto, da un collega poliziotto, di muoversi come se fosse "invisibile" (nei due film dei Fantastici 4 lui invece è La cosa).
Peccato che siano poche.

La frase: "Bene e male sono solo due amici immaginari".

Andrea D’Addio

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