RCL - Ridotte Capacità Lavorative
“L’idea che sta alla base di questo lavoro è raccontare le storie e le riflessioni delle persone al di là del linguaggio angusto della semplice inchiesta giornalistica. Grande importanza è stata data alle immagini del paesaggio e delle strade di Pomigliano. Le scene improvvisate dai protagonisti sono riprese esclusivamente in piano sequenza. Inquadrature pulite: lo sguardo della regia è al servizio dello spettatore e non protagonista”.
A parlare è Massimiliano Carboni, autore di questo reality movie – girato con camere digitali HD a colori – che pone l’attore nativo di Monfalcone Paolo Rossi (“Via Montenapoleone”) alla guida di una troupe che, costituita dall’addetto alla colonna sonora Emanuele, un operatore, un fonico neopapà, un assistente tuttofare e un fotografo, sbarca nel corso di una torrida estate a Pomigliano d’Arco, paese salito agli onori della cronaca nazionale per il referendum interno dei dipendenti Fiat sulle nuove modalità contrattuali vincolate alla missione produttiva.
Quindi, un reality movie alla scoperta di cosa sia realmente la globalizzazione nella cittadina del Mezzogiorno conosciuta come la Stalingrado del Sud, dove, in maniera paradossale, il sindaco è di destra e il parroco si rivela essere di sinistra ed impegnato ad operare una strenua difesa dei diritti dei lavoratori.
Oltre ad un sindacalista e ad un gruppo di operai con cui si ritrovano a cena, sono proprio loro due che i protagonisti incontrano ed intervistano, mentre si tenta di capire cosa sia veramente la catena di montaggio, attraverso la quale solo Charlie Chaplin è riuscito a raccontare la classe operaia, e Rossi sembra sempre più deciso a realizzare un bizzarro film fantascientifico con Nino D’Angelo e Shakira.
Ma, quello che, tramite una sintesi di fiction, documentario e reality, doveva essere l’affresco di un paese a vocazione rurale che lotta strenuamente per affermare il proprio diritto ad esserci, non sembra affatto funzionare né come fiction, né come documentario, né come reality.
Infatti, tra battute che non strappano mai risate (l’operatore operaista, sic!) e montaggio pessimo, il tutto assume ben presto le fattezze del noioso – nonostante la breve durata – backstage di un brutto lungometraggio (fortunatamente inesistente) riguardante un importante e delicato tema come quello della situazione Fiat. Tema nei cui confronti difficilmente, in questo modo, verrà stimolata l’attenzione dello spettatore.

La frase: "Parola d’ordine?”
“Surrealismo civile".

Francesco Lomuscio

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