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Corsa a Witch Mountain
Se in questi giorni l’astronauta Edgar Mitchell, nel 1971 sbarcato sulla Luna con l'Apollo 14, invoca la "massima trasparenza" promessa dal presidente Barack Obama anche su ciò che riguarda gli extraterrestri (che a suo dire esistono, ma che potrebbe dire di diverso una persona nata a Roswell, cittadina del NewMexico ogni anno piena di turisti con tanta voglia di vedere dischi volanti nel cielo), al cinema atterrano due ragazzini venuti dalla galassia Disney. A fargli da babysitter, proteggendoli dai cattivi di turno (le solite agenzie governative che non vogliono mai che la gente sappia), è il roccioso ex wrestler Dwayne Johnson che da quando ha iniziato la sua carriera di attore non vuole più essere chiamato "The rock". Lui è un ombroso tassista dal grigio passato (da "Collateral" il taxista è diventato un lavoro fichissimo) che quando si ritrova nella vettura due agitati pargoli in fuga, dopo qualche resistenza, decide di proteggerli e aiutarli a tornare a casa. Ad aiutarli poi arriverà anche una coraggiosa esperta di alieni.
Se nell’82 era il verde, ma antropomorfo, "Et" a ripartire, oggi gli extraterrestri hanno i volti di umani. Una deriva da "L’invasione degli ultracorpi" (capolavoro che Don Siegel firmò nel 1956) che in verità è precedente al film di Spielberg. "Corsa a Witch Mountain" è, infatti, remake di "Incredibile viaggio verso l'ignoto", film del 1976 sempre targato Disney. Per soddisfare i ragazzi di oggi, rispetto al film originale, in "Corsa a Witch mountain" è stata aumentata la dose di spettacolarità del film: gli effetti speciali abbondano e i poteri degli alieni sembrano quelli dei sempre più presenti (cinematograficamente parlando) supereroi. Il succo del discorso è l’importanza della famiglia (qui non tradizionale, ma quasi), con papà, mamma e coppia di figli maschio-femmina. Insieme si fa la forza e si supera qualsiasi ostacolo.
Tante le più o meno velate citazioni di film di fantascienza. Da "Guerre stellarie" a "Matrix" passando per "Incontri ravvicinati del terzo tipo": l’idea stessa di ambientare buona parte del film all’interno di una convention di appassionati di science-fiction quasi obbligava questi rimandi. Poco da dire su regia e interpretazioni: tutto sembra andare avanti con il pilota automatico, dalle battute alle inquadrature. "Corsa a Witch Mountain" risulta così un apprezzabile prodotto per ragazzini al massimo adolescenti ancora a corto di storie avventurose e fantastiche quel tanto che basta ad uscire dal cinema con il sorriso e sognare per qualche settimana di fare l’astronauta. Chi non l’ha mai fatto?
La frase:
- "Tu sai come si pilota questa cosa, giusto?"
- "Come pensi che ci siamo finiti quassù?"
- "Ci siamo caduti dentro, non ti ricordi?"
Andrea D'Addio
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