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Rabbia furiosa - Er CanaroLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Leonardo Mezzelani05 giugno 2018Voto: 6.5
Il cinema, quello davvero interessante, nasce da quello che potremmo definire un “autore”. Perché se è vero che quando si parla di un film ci si ritrova a parlare di un’opera collettiva, è altrettanto vero che questo collettivo di artisti (sceneggiatori, scenografi, costumisti, cameramen, ecc.) è indissolubilmente sottomesso alla supervisione di un’unica figura, il regista. I registi che più scaldano il cuore di chi sta scrivendo questa recensione sono quelli che hanno una precisa idea cinematografica, che sono capaci di portare avanti un discorso nei loro film. Non necessariamente quelli capaci di costruire storie coerenti, dalla struttura perfetta (che poi si potrebbe anche discutere su cosa sia la perfezione, ma non è questo il luogo).
Questa premessa è necessaria per sottolineare come mettere a confronto “Dogman” di Matteo Garrone e “Rabbia Furiosa: Er Canaro” di Sergio Stivaletti sia non solo inutile, ma dannoso. Nonostante si parta dalla stessa vicenda di cronaca nera (il delitto del canaro) ci troviamo infatti in due universi distinti, due modi di concepire il cinema totalmente opposti. Dove Garrone cerca la poesia Stivaletti cerca - e trova – il terreno. I paragoni finiscono qua, come già detto, è giusto parlare di un solo film. “Rabbia furiosa” inizia da dopo la scarcerazione del protagonista, Fabio, costretto a scontare 8 mesi per un crimine al posto di Claudio, un ex pugile ora criminale di quartiere con deliri di onnipotenza. Il carcere però cambia profondamente le persone e anche per un uomo mite il rientro a casa non è semplice, persino sua moglie dice di non riconoscerlo più in certi atteggiamenti. Oltretutto, nonostante l’iniziale riconoscenza di Claudio (gli sistemerà il negozio di tolettatura canina), il rapporto tra i due comincerà ad incrinarsi. La sete di potere dell’ex pugile lo porterà a non aver scrupolo per nessuno e a mostrare ogni momento la sua supremazia. Il tutto convergerà nel finale ormai conosciuto da tutti, ma raccontato “alla Stivaletti”. “Rabbia Furiosa” è un film sporco e brutto, alla Carpenter o alla Fulci, non interessato a ricercare la verità, il dialogo giusto, l’inquadratura perfetta. Quello a cui assistiamo per 120’ è un racconto di vendetta ambientato in una sorta di scenario western, arido e spoglio. I personaggi sono a tratti stereotipati, lo stesso Claudio sembra appena uscito da un set di un film porno, ma memorabili. Menzione speciale va a “lo Sceriffo” tanto tenero quanto “badass”. Tra scazzottate, incontri con boss, richieste di lavoretti e combattimenti tra cani, lo spettatore si ritrova così ad assistere allo spettacolo attratto sempre più verso la fine, verso l’inevitabile e tanto attesa vendetta. In mezzo a questa accozzaglia di personaggi stereotipati vera sorpresa è Riccardo De Filippis che porta sullo schermo il protagonista mettendo in mostra un grande talento e una discreta credibilità. Il film soffre parecchio nella prima metà, dove il preludio alla storia vera e propria, forse, viene trascinato un po’ troppo per le lunghe e senza incisività. Discorso diverso si deve fare andando verso il finale, il climax cresce vertiginosamente fino ad un’esplosione di pura violenza tanta amata da chi ha nel cuore questo genere di film. Molto più che una semplice “operazione amarcord”, Stivaletti ci regala un film che segue in tutto e per tutto il cinema action a tinte horror degli anni 80/90. Volutamente imperfetto, a tratti sgradevole, poco credibile eppure così appassionante. Er Canaro rappresenta un tipo di cinema che difficilmente vediamo ancora nel nostro paese (almeno in sala), distante da ogni eleganza o dalla inflazionata commedia all’italiana. Quindi sì, un film sporco e brutto, ma un genere di film di cui il nostro cinema ha estremo bisogno. La frase dal film:
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