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Primula RossaLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Leonardo Mezzelani24 maggio 2019Voto: 6.0
“Primula Rossa è l’occasione per ripercorrere quarant’anni di storia contemporanea: dagli anni di piombo fino all’attualissima questione relativa al superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari”.
A chiarire l’intento principale del nuovo progetto di Franco Jannuzzi ci pensa Gaetano Giunta, segretario generale della Fondazione di Comunità di Messina. Con “Primula Rossa”, in effetti, ci si ritrova a guardare un qualcosa di inusuale, un film a metà tra fiction e documentario; un film che parte dalla storia di Ezio – nel film Ennio – Rossi (ex terrorista dei Nuclei Armati Proletari) per poi fare un compendio degli ultimi 40 anni degli impianti di sanità mentali italiani. Prima di approcciarsi alla visione è necessario tenere a mente che quest’opera nasce da un’iniziativa del welfare comunitario “Luce e libertà” da decenni impegnato attivamente nella lotta per garantire diritti e dignità ai pazienti delle strutture in questione. In effetti sembra che Primula Rossa sia mosso principalmente da intenti didattici, usando una vicenda specifica cerca di mostrare allo spettatore come è evoluta la situazione degli istituti di sanità mentale e dei suoi pazienti. Il film si apre con alcune immagini di archivio, datate 1990, che fanno entrare immediatamente nel mondo della malattia mentale e chiariscono quale sia il tema principale del film. Subito dopo ci verrà mostrato Ennio Rossi in riva al mare, ad introduzione della parte di fiction dove seguiremo le vicende del dottor Lucio, uno psichiatra interessato a migliorare le condizioni dei pazienti e dar loro dignità una volta dimessi. A questo vengono affiancati quattro lettere scritte e recitate dallo psichiatra Angelo Righetti, da sempre impegnato sul medesimo fronte. Così per tutti i 76’ della pellicola lo spettatore salterà, senza soluzioni di continuità, dal documentario alla fiction in una struttura che non sembra riuscire a tenere saldamente l’equilibrio. Se la parte documentaristica riesce, vuoi per il tema sempre attuale, vuoi per il buon utilizzo dei materiali d’archivio, a tener alta l’attenzione, è nella parte di fiction che si trovano alcuni scricchiolii. Soprattutto all’inizio la recitazione non sempre risulta convincente e la scelta della musica non sembra azzeccatissima. Con l’andar avanti del film il tutto migliora, anche grazie all’ottima interpretazione di Roberto Herlitzka (che abbiamo visto recentemente nella serie Il nome della Rosa, oltre che nelle canoniche pellicole di Paolo Sorrentino). Come è stato già scritto, però, concentrarsi troppo sugli aspetti tecnici in “Primula Rossa” è uno sbaglio, il film non nasce come intenti squisitamente artistici. La cosa importante è che lo spettatore, una volta finita la visione, possa avere un quadro più ampio della questione, rendersi conto di quanta strada sia stata fatta e quanta ancora se ne possa fare. La scelta di far tutto questo usando come “medium” le vicende di un ex terrorista della NAP è coraggiosa e interessante, senza dubbio ammirabile. Chi si approccerà al film con il giusto spirito ne potrà restare piacevolmente sorpreso. La frase dal film:
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