Pollo alle prugne
Dopo il successo del film d’animazione del 2007 "Persepolis", allora candidato all’Oscar e vincitore del "Premio della Giuria" al Festival di Cannes, i registi nonché autori Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud approdano al Festival del Cinema di Venezia proponendo in concorso il loro nuovo film: "Poulet aux prunes", letteralmente tradotto con "Pollo alle prugne". Questa seconda opera cinematografica è in realtà una trasposizione live action di una famosa graphic novel di Satrapi e ne assorbe la carica espressiva e visiva, il film tuttavia supera il fumetto a livello qualitativo ed estetico anche grazie ad un cast eccezionale su cui domina in primis Mathieu Amalri, uno dei più apprezzati attori e registi francesi e tre volte vincitore del Premio César, accanto a lui quattro formidabili donne: Chiara Mastroianni, Maria de Medeiros, Isabella Rossellini e Golshifteh Farahani. L’opera si sviluppa come una fiaba deliziosa e incantevole, piena d’amore e malinconia, avvolta da un’atmosfera onirica che ricorda da una parte "Il favoloso mondo di Amélie" del 2001 scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet e dall’altra le strisce di fumetti di origine francese, ma come ha spiegato la stessa autrice è un film nichilista perché "nella vita non c’è speranza ed il film parla della vita. Noi viviamo, celebriamo la vita. Il nostro è un film nichilista. D'altra parte non ho mai amato i film a lieto fine". E’ una commedia dolce e amara, velata di nostalgia e di una buona dose di pessimismo nei confronti della vita e dell’uomo, è una vera e propria allegoria della situazione dell’Iran. "Poulet aux prunes" è come "Persepolis" un canto d’amore per la patria perduta, il canto di un cuore spezzato che ricorda i momenti belli e i momenti tristi, ride e scherza, piange e soffre in attesa... Attende che tutto cessi e che questi sentimenti trovino l’oblio.
Se il vate italiano Dante Alighieri cantava: "Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salire per l’altrui scale". (Paradiso, XVII canto), ma restava comunque la speranza, qui invece c’è il totale annullamento e annichilimento dei sentimenti, tanto è vero che il titolo è la ricetta preferita dal protagonista e simboleggia la perdita del piacere. "Abbiamo considerato la morte non tanto come assenza, - ha spiegato Marjane Satrapi - quanto come la perdita della capacità di provare gusto e sentimenti".
La regia è piena di digressioni, di flashback e di flashforward ed è attraverso questi elementi che la vicenda viene ricostruita lentamente come un puzzle e si viene a scoprire la vera ragione che spinge il protagonista a invocare la morte giorno dopo giorno. Citazione dal film: "Poiché nessun violino riusciva più a procurargli il piacere di suonare, Nasser Ali Khan decise di morire. Si distese nel letto..."
Tutto ha inizio in Iran nel 1950 e lì il famoso musicista di violino (nel fumetto suona lo strumento tradizionale: il tar) Nasser Ali decide di porre fine alla sua vita dopo aver perduto il suo amato violino spaccato dalla moglie. Si mette a letto e per otto giorni fra incubi e ricordi si sottrae alla vita. Ricorda il maestro di violino, la madre che lo obbliga a sposare sua moglie sebbene lui non l’abbia mai amata, il futuro dei figli finché non arriva finalmente Azrael, l’angelo della morte vestito di nero e scuro di carnagione con due grandi corna e un sorriso bianco come la neve, che gli racconta una favola araba cui è ispirato il testo della canzone "Samarcanda" di Roberto Vecchioni.
La frase:
"La vita è un soffio, la vita è un sospiro. E’ questo sospiro che devi cogliere".
a cura di Federica Di Bartolo
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