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Popieluszko - Non si può uccidere la speranza
Padre Popieluszko è una figura di statura leggendaria in Polonia, famoso per essere stato il "Cappellano di Solidarnosc". E’ infatti quasi per una coincidenza che nei primi anni '80, durante la fase più dura degli scioperi nelle acciaierie, viene mandato nel "tempio operaio del comunismo" per celebrare una messa ed è da quel momento che il suo impegno civile diventa una missione, mai disgiunta dalla sua vocazione ecclesiastica. Il lungo film biografico di Rafal Wieczynski si concentra soprattutto sugli anni '80, con pochi episodi isolati sull’infanzia e sulla giovinezza di Popieluszko che però riflettono in maniera efficace la situazione difficile in cui si trovava la chiesa cattolica polacca tra gli anni '50 e '60 (il cardinale Wyszynski viene arrestato nell’aprile del '53). L’impostazione del film si basa sul famoso discorso che papa Giovanni Paolo II dedicò a Popieluszko nel 1987 in occasione del pellegrinaggio alla sua tomba, in cui Wojtyla paragonò il sacrificio del sacerdote di Solidarnosc alla passione di Cristo. Gli ultimi giorni di padre Popieluszko sono in effetti una lunga analogia con il racconto evangelico, con i suoi momenti di dubbio, di speranza, di disperazione e persino con l’illusione che qualcuno allontani da lui quell’amaro calice, grazie a un provvidenziale trasferimento a Roma.
Popieluszko è stato però un martire nel senso più autentico della parola: un uomo pronto a sostenere la propria testimonianza di fede (e civile) al prezzo della vita. Uno dei meriti del film di Wieczynski (sostenuto peraltro da un ottimo lavoro attoriale da parte di Adam Woronowicz nel ruolo principale) consiste nel dare un impronta umana a Popieluszko, alludendo in maniera molto discreta a un lieve protagonismo del sacerdote in quegli anni difficili. Indubbiamente Popieluszko era consapevole dell’importanza del proprio ruolo nell’incoraggiare i fedeli alla speranza e come ogni uomo non deve essere stato alieno da una sottile, perdonabilissima vanità. Vengono peraltro usati diversi spezzoni dell’epoca, che conferiscono forza e verità al racconto (alla maniera di Milk di Van Sant). L’unico problema del film, che può essere a seconda dei punti di vista un pregio o un difetto, è che si rivolge a un pubblico che ha già una conoscenza della storia polacca degli anni '70-'80. L’unica speranza è che magari possa spingere chi non la conosce a informarsi e fare qualche piccola ricerca per conto proprio.
La frase: "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo".
Mauro Corso
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