Polvere
Realizzare un film documentario sul mondo che ruota attorno alla cocaina, tramite l’uso di telecamere nascoste, è l’ambizioso progetto a cui si dedica l’introverso e individualista Domini (Primo Reggiani) insieme al grande amico Giona (Michele Alhaique), abituato a vivere tra vizi e frequentazioni losche e impegnato a portare avanti una storia clandestina con Giulia (Victoria Larchenko), sorella minore del neo-regista, il quale non è al corrente della cosa.
Ispirato a una storia realmente accaduta e accompagnato da un’onnipresente voce narrante, è nelle vesti di mix di finzione e verità – alla base anche del recente "Sbirri" di Roberto Burchielli – che si presenta il lungometraggio di Danilo Proietti e Massimo D’Epiro, evoluzione cinematografica di un loro documentario scandalistico concepito per il piccolo schermo e costituito da interviste a giovani dediti al consumo della tanto magica quanto distruttiva neve da sniffo.
Evoluzione che include nel cast anche l’ex lady Cecchi Gori Rita Rusic, la vincitrice del Festival di Sanremo 2008 Lola Ponce e, soprattutto, una convincente coppia di violenti formata dai figli d’arte Gianmarco Tognazzi e Francesco Venditti; mentre è facile notare un certo citazionismo rivolto in particolar modo a Martin Scorsese e Quentin Tarantino, con "Toro scatenato" e "Pulp fiction" in testa.
Citazionismo riguardante, però, solo i primi minuti di visione, in quanto, tra curata fotografia pullulante filtri colorati e montaggio spesso frammentato, l’estetica da videoclip sembra dominare buona parte dell’operazione, finendo per renderla facilmente accostabile ai prodotti sfornati dal meno esaltante Guy Ritchie.
Come il suo "RockNrolla", infatti, il film di Proietti e D’Epiro appare in diverse occasioni talmente veloce da non permettere al paradossalmente annoiato spettatore di apprendere nella giusta maniera tutti i dettagli della storia, infarcita di crudi momenti e rivelazioni shock.
Quindi, ciò che ne viene fuori è un elaborato di sicuro più riuscito del citato lavoro di Burchielli, con il quale condivide il giusto messaggio morale anti-stupefacenti, ma in cui a suscitare maggiore interesse è il lodevole lato tecnico, capace di catapultare visivamente l’opera al di là dell’infinità di lungometraggi tricolori proto-tv d’inizio millennio, ma non agli importanti contenuti di essere adeguatamente raccontati su celluloide.
La frase: "Loro non lo sanno che c’è la telecamera".
Francesco Lomuscio
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