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P.O.E. - Poetry of Eerie











Un uomo che si risveglia ansimante con accanto una donna che sembrerebbe dormire, paranoie, ossessioni e un po’ di sangue in una vasca sono gli ingredienti alla base di "Silenzio", diretto a quattro mani da Angelo e Giuseppe Capasso e precedente a "La sfinge" di Alessandro Giordani, con la Laura Gigante di "Albakiara - Il film" (2008) e una misteriosa pestilenza.
"Gli occhiali" di Matteo Corazza pone in scena una giornalista amante della mondanità in una situazione particolare, mentre "Valdemar" di Edo Tagliavini tira in ballo il mesmerismo.
Poi abbiamo la carne umana divorata in "Gordon Pym", realizzato da Giovanni Pianigiani insieme a Bruno Di Marcello, "Il cuore rivelatore" di Manuela Sica e "Il gatto nero" animato di Paolo Gaudio.
Per continuare con "Ligeia" di Simone Barbetti, costruito sul ricordo che un uomo ha della defunta moglie, la lettura illustrata de "Il corvo" di Rosso R. Fiorentino, l’inseguimento de "L’uomo della folla" di Paolo Fazzini e la veglia funebre proposta da Giuliano Giacomelli in "Berenice".
Prima di concludere con la partita a scacchi quale metafora della vita de "Il giocatore di scacchi di Maezel" di Domiziano Cristopharo e l’ambientazione giapponese sfoggiata da "Song" di Yumiko Itou.
Sono i tredici brevi episodi atti a costituire quello che, concepito da quindici registi italiani, vuole a tutti gli effetti essere un vero e proprio atto d’amore nei confronti della poetica del bostoniano Edgar Allan Poe, maestro della letteratura horror dalle cui opere non poche volte la Settima arte ha provveduto ad attingere (citiamo soltanto "Il mostro della via Morgue" di Roy Del Ruth e "I maghi del terrore" di Roger Corman).
Chiaro, quindi, che la visione d’insieme risulti tutt’altro che omogenea, in quanto abbiamo chi propende in maniera efficace per l’umorismo (Tagliavini) e chi, probabilmente nel tentativo di rispecchiare un certo cinema d’autore, rischia di non far capire allo spettatore le proprie intenzioni (Sica, Fiorentino, Itou).
Mentre, in mezzo a una moderna – ma amatoriale – Roma (Fazzini) e look alla Tim Burton (Gaudio), qualcuno tende a privilegiare la cura estetica (i Capasso, Giordani, Corazza, Barbetti e Cristopharo) e altri lo spargimento di liquido rosso (Giacomelli, Pianigiani e Di Marcello).
Delineando un’operazione di sicuro altalenante e priva di compattezza, ma che si lascia tranquillamente apprezzare con tutti i suoi pregi e difetti; soprattutto se consideriamo il fatto che un’iniziativa di questo tipo può permettere a tanti neo-autori di dimostrare le proprie – più o meno lodevoli capacità – meglio di come lo farebbero da studenti nelle diverse scuole di cinema tricolori, abituate nella maggior parte dei casi a promettere molta pratica e dispensare soltanto teoria.

La frase:
"Esistono segreti che non si possono rivelare".

a cura di Francesco Lomuscio

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