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Piccola patria











Nella scena cinematografica italiana, dominata dalla città di Roma e dalla sua parlata, il cinema regionale riesce a trovare poco spazio, e spesso viene guardato con snobismo, specialmente se si tratta del nord. Negli ultimi anni è stato Andrea Segre a dare voce a quel nord-est troppo assente dal grande schermo, prima con "Io sono Li", ambientato tra i banchi di nebbia di Chioggia, e poi con il recentissimo "La prima neve", girato sulle magiche montagne del Trentino. Oggi un altro nome si aggiunge ai poeti di quella terra: si tratta di Alessandro Rossetto, classe 1963, padovano, formatosi tra l’Italia e la Francia, con un trascorso da documentarista lungo più di quindici anni (nel 2010 gli è stata addirittura dedicata una retrospettiva al New York Documentary Film Festival).
Per il suo debutto nel cinema di finzione, Rossetto ha scelto come ambientazione quella campagna industriale del Veneto che sembra non offrire né attrattive per i turisti né speranze per i suoi abitanti, una terra pregna di rabbia, incapace – forse – di accogliere le realtà del resto del mondo che cambia troppo velocemente e bruscamente.
Renata e Luisa vogliono scappare dal paese dove sono cresciute; mosse da ingenuità, spirito di ribellione e sete di vendetta contro un mondo a cui non sentono di appartenere (ma che è profondamente radicato dentro di loro), decidono di ricattare sessualmente un amico del padre di Luisa: 20.000 euro o "diremo a tutti che sei un porco".
A leggerla, la trama potrebbe far pensare a un thriller, ma gli intrighi della storia non sono che il pretesto per raccontare le pulsioni di una realtà che chiede aiuto, che cerca verità e giustizia nelle direzioni sbagliate, tra sesso, razzismo e moti indipendentisti. È un mondo talmente chiuso da non riuscire a contemplare la possibilità che i nemici, se mai dovessero essercene, possano celarsi al suo interno, un mondo sempre pronto a puntare il dito contro il "diverso" (qui si parla di albanesi e musulmani) a priori, senza lasciargli possibilità d’appello.
Alessandro Rossetto ha firmato un film ambizioso, che tenta di proporre l’affresco di un intero modo di vivere, e tocca un’infinità di temi, che siano personali o sociali, riuscendo a scavare in profondità dentro ognuno di essi, in un tale tutto-tondo da poter quasi respirare l’aria che avvolge i protagonisti. Aiutato da una bellissima sceneggiatura (di Rossetto, Caterina Serra e Maurizio Braucci), il regista ci regala una sinfonia di luoghi aridi, atmosfere claustrofobiche e personaggi costruiti in modo impeccabile, anche grazie alla sconvolgente bravura e naturalezza di tutti gli interpreti, molti dei quali esordienti, tra cui Roberta Da Soller, Vladimir Doda e Maria Roveran, quest’ultima anche autrice e interprete di alcuni brani in colonna sonora.
Insomma, un piccolo grande film a cui va augurata la più grande fortuna.

La frase:
"Te piase i schei? (Ti piacciono i soldi?)".

a cura di Luca Renucci

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