Per sempre
"Un'anima graffiata lo è per sempre": così recita il sottotitolo dell'ultimo film diretto da Alessandro di Robilant, tratto da un soggetto di Maurizio Costanzo e interpretato dal singolare duo Giancarlo Giannini - Francesca Neri.
L'anima graffiata in questo caso è quella di Giovanni, brillante avvocato, la cui vita viene sconvolta dall'irruzione improvviso di Sara, notaio di professione, bella e spregiudicata. La relazione è destinata a durare quattro anni. Giovanni è pazzo di lei; lascia la famiglia e propone a Sara un progetto di vita insieme. La paura di un legame stabile spinge la giovane ad abbandonare su due piedi l'amante senza alcuna spiegazione. Giovanni cade in uno stato di prostrazione fisica e psichica, una patologia denominata appunto "graffio dell'anima"; perde interesse per la vita, non assimila più il cibo, si lascia morire. A nulla valgono le cure del dottor Dodoli, uno psicoterapeuta (o per rimanere in tema un "medico dell'anima"). Addolorato per la sconfitta umana e professionale, Dodoli rintraccia Sara e le annuncia la morte di Giovanni. Sara inizia un percorso a ritroso nella memoria, si confronta con le sue paure, i suoi sensi di colpa, capisce di amare ancora Giovanni, ne avverte la presenza in casa. Un atto estremo sarà l'unico mezzo per potersi ricongiungere a lui, per sempre.
Dov'è l'anima in un film che solo di anima parla? Dove sono i tormenti profondi, le emozioni e le sofferenze dei personaggi?
In "Per sempre" sono assenti, a nostro giudizio, proprio quegli elementi chiave che dovrebbero costituire l'ossatura portante di un film come questo rivolto cioè al "dentro", all'interiorità, in cui protagonista appunto è l'Anima.
Sulla base di una fragile sceneggiatura, a poco vale il ricorso continuo all'uso dei flashback, il gioco eccessivo dei rimandi della memoria.
Sia pur di buona fattura, le immagini della passione travolgente che ha animato la storia di Sara e Giovanni scorrono davanti agli occhi, ci raccontano il passato ma non coinvolgono. Gli stessi protagonisti sono scarsamente convincenti, poco credibili; così lo stesso Giancarlo Giannini, malgrado l'innegabile bravura e presenza scenica, non arriva a trasmettere e a comunicare appieno il profondo disagio, il dolore sordido che spinge il suo personaggio a rifiutare la vita.
Cristina Giovannini
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