Pelle d'angelo
Dopo Amelie è ora il turno di Angela, ma con molta meno ironia ed una dose eccessiva di depressione che intride tutto il film, poco concedendo agli stati d'animo dello spettatore che spera, fino all'ultimo, in una svolta positiva dell'opera. Il cinema francese, capace di stupirci con personaggi come quello interpretato da Audrey Tautou, questa volta fa un buco nell'acqua.
"Pelle d'angelo", è diretto e sceneggiato da Vincent Perez, al suo primo lungometraggio. L'artista francese, già attore apprezzato da Scola ("Il viaggio di Capitan Fracassa") ed Antonioni ("Al di là delle nuvole"), si cimenta dietro la macchina da presa con risultati discreti come regista. Riprese dinamiche, anche vorticose, un buon gusto nella scelta delle inquadrature, alcune delle quali mosse da una feconda ispirazione, sono a testimoniare delle discrete qualità tecniche di Perez. Il punto debole del suo lavoro è invece proprio nella storia e nel conseguente abbozzo dei personaggi. Nel disegnare il personaggio di Angela - "Un essere angelico, su di lei il male non ha presa" - si finisce inevitabilmente di ritrovarsi nel favolistico e nell'immaginario. Campo nel quale, se non si è sostenuti da una giusta misura di ironia e disincanto, si rischia di navigare in luoghi comuni e poco credibili.
E ciò, è proprio quello che accade in questo film. Nel raccontare la storia di Angela (Morgane Morè), del suo rapporto sentimentale, nato al tramonto e morto all'alba del giorno dopo, con Gregoire (Guillaume Depardieu), del suo restare fedele a quell'unica notte d'amore, dell'accontentarsi della sola vista del suo ex amante, Perez si prende troppo sul serio. E troppo sul serio sembrano prenderla anche gli attori, in particolare Guillaume Depardieu ("Tutte le mattine del mondo") che non riesce a togliersi dalla faccia un'espressione da Prozac dipendente che lo accompagna, e con lui noi, per tutta la durata della pellicola. Il suo è veramente un personaggio antipatico che nelle pieghe della storia finisce per mostrare tutte le sue spigolose manie che un'interpretazione mediocre non riesce però a nobilitarne le interessanti sfaccettature. Nell'avanzare il film registra un'improvvisa impennata quando Angela, sulla quale si abbattono tutte le sventure del mondo, viene arrestata per un omicidio non commesso. La ragazza accetta il suo destino con cristiana rassegnazione e le scene all'interno del carcere femminile, le più naturali e quindi meno artefatte, sono forse le migliori del film.
Fra gli attori, segnaliamo la presenza di Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo dell'avvocato che difende Angela nella sua vicenda giudiziaria.
Un film deludente e privo di fascino.

Daniele Sesti

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