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Patria











L’operaio di destra che, per protesta o, forse, per rabbia cieca, si arrampica sulla torre della fabbrica torinese che chiude e licenzia i propri dipendenti presenta i connotati di Francesco Pannofino; mentre è il Roberto Citran visto, tra l’altro, in “Notturno bus” (2007) e “Zoran, il mio nipote scemo” (2013) ad incarnare il collega e rappresentante sindacale di carattere e fede politica del tutto opposti che, accorso per salvarlo dalla caduta, gli si ritrova accanto.
Insieme ad un ipovedente ed autistico custode assunto come categoria protetta ed interpretato dal Carlo Giuseppe Gabardini de “Il cartaio” (2004) e “Si può fare” (2008), il quale li raggiunge per fargli compagnia nell’arco di una notte che, nell’attesa dell’arrivo di qualche giornalista, li porta a ripercorrere gli ultimi trent’anni di storia italiana.
Trent’anni spazianti, tramite immagini di repertorio, dal caso Moro ai boss mafiosi Totò Riina e Bernardo Provenzano; passando per il crack del Banco Ambrosiano, la vittoria della nazionale ai mondiali di calcio del 1982, dichiarazioni dell’imprenditore Gianni Agnelli e di Enrico Berlinguer.
Perché, man mano che si giunge agli attentati che hanno causato la morte dei magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e che viene asserito sia che lo Stato deve garantire il lavoro, sia che il paese tricolore è stato rovinato dal malcostume e dal malaffare, presenta quasi il respiro di una variante più economica e meno ironica de “La mafia uccide solo d’estate” (2013) di Pif l’insieme messo in piedi da Felice Farina – autore di “Condominio” (1991) e de “La fisica dell’acqua” (2009) – traendo ispirazione dal libro “Patria” di Enrico Deaglio.
Insieme che, a suo modo quasi caratterizzato – soprattutto a causa della atipica idea di partenza – da un certo retrogusto di genere, sembra tenere in considerazione anche la lezione impartita dal classico della Nouvelle vague “Hiroshima mon amour” (1959) di Alain Resnais per quanto riguarda la maniera di legare i documenti visivi accumulati e lo svolgersi del racconto presente.
Racconto girato con professionalità ed impreziosito dalla lodevole prova del trio di protagonisti, ma che, oltre a sfoderare una serie di fatti storici destinati ad apparire chiari quasi esclusivamente agli occhi di chi già ne è a conoscenza, finisce per lasciar avvertire un certo eccesso di carne al fuoco quando arriva addirittura a tirare in ballo un allucinato momento animato... e, superata la parentesi riguardante Tangentopoli e Bettino Craxi, non si riduce altro che all’ennesimo, banale attacco da schermo nei confronti dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; testimoniando ancora una volta, di conseguenza, che il cinema sfornato dallo stivale del globo d’inizio XXI secolo non sappia fare altro che continuare a rimuginare e piagnucolare sul passato, senza proporre qualcosa di nuovo e, soprattutto, che possa rivelarsi utile per influenzare un diverso futuro dietro la macchina da presa.

La frase:
"Lo sai perché avete sempre odiato a Berlusconi voi? Perché siete tristi".

a cura di Francesco Lomuscio

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