Pathfinder - La leggenda del guerriero vichingo
L'unico sopravvissuto della prima sortita vichinga in terra americana è un biondo undicenne senza nome. Adottato da una famiglia indigena col nome di Ghost, cioè Fantasma, questo novello Mowgli sentirà sempre più sue le verdi praterie d'elezione e deciderà presto da che parte stare quando, quindici anni dopo, una seconda ondata di giganti zannuti tenterà l'invasione. Già visto? Senz'altro. Ma aspettiamo di toccare con mano quanto "Pathfinder" abbia da offrire... E il risultato è piuttosto demoralizzante. Un autentico spreco. Cosa rara e scientificamente degna d'indagine è trovare un cast tecnico capace di tale scempio supportato da un cast artistico visibilmente anestetizzato. La discutibile regia di Marcus "Non aprite quella porta" Nispel (ci riferiamo ovviamente al recente, dimenticabile remake del lavoro di Hooper) qui si cimenta con l'epica: e soccombe.

Lo spunto - ipotetico approdo vichingo sulle coste americane, scontro coi nativi "e il resto è leggenda" - è stato banalmente diluito in un'impressionante sequela di stereotipi mal digeriti (da "Conan" a "Tarzan", con tanto di catartico urlo di autoaffermazione) che deve a Peter Jackson più di una cena. L'orda vichinga, coriacea e cornuta tanto da avere ben poco di umano, è infatti ferina oltre che feroce e ha più dell'orchetto che del predone. La popolazione locale degli indiani d'America, storicamente sfortunata, è caratterizzata invece in bilico tra il naif e l'ottuso, in quella zona d'ombra in cui la cultura occidentale ha sempre voluto confinare il buon selvaggio. Il tema potenzialmente trainante, seppur non esattamente originale, dello scontro storico-fantastico tra mondi inconciliabilmente contrapposti è dunque sperperato in un buon numero di scene d'azione (delle quali solo poche davvero riuscite) e deve ad uno script imbarazzante il colpo di grazia. Fortunatamente i dialoghi sono rarefatti e permettono allo spettatore ampia requie tra uno scambio di battute e l'altro, ma gli effetti speciali di seconda mano e un montaggio eufemisticamente incapace non fanno che acuire il desiderio latente di fuga dalla sala. Chi dovesse pregustare un vero epic movie trascinante, come tratteggiato dal trailer, si prepari ad una sonora delusione e a qualche sbadiglio.

Last but not least, spezzeremmo volentieri una lancia... in testa a Karl Urban, stolido bamboccione che qui presta i muscoli al Fantasma protagonista. L'espressione vagamente confusa che tradiscono gli occhi del suddetto ci fa rimpiangere la sua silenziosa ma efficace performance da Rohirrim nel "Signore degli Anelli" qui ampiamente saccheggiato. L'attore sembra perennemente chiedersi "Perché sono qui?". Se lo stanno chiedendo tutti, in sala.

La frase: "Se non sei abbastanza forte per uccidere l'orso, usa la sua forza per ucciderlo."

Domitilla Pirro

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