Passaggi di tempo
Per capire di cosa parli questo "Passaggi di tempo" bisogna andare in Sardegna e ad un particolare progetto artistico che prese vita ormai dieci anni fa su iniziativa del regista Gianfranco Cabiddu (Disamistade, Il figlio di Bakunin). L'idea iniziale era quella di fare un film di solo montaggio sulla storia della propria terra d'origine (appunto la Sardegna), grazie al vastissimo archivio di filmati d'epoca dell'Istituto Luce. Iniziato il lavoro a Cabiddu venne l'idea di far accompagnare il film non da voci narranti o altro, ma da musiche etniche che così come le immagini montate riuscissero a riflettere la vera anima dell'amata isola e della sua gente. Il progetto cambiò nuovamente e definitivamente, quando si decise di passare dal film ad uno spettacolo teatrale che unisse i filmati scelti inizialmente a della musica fatta dal vivo da un gruppo di particolarissimi compositori. Il nome scelto per lo spettacolo fu: "Il viaggio di Sonos 'e Memoria". Il successo non si fece attendere tanto che si cominciarono a fare tournée in tutta Europa.
Per chi non ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo, quello che si percepisce è che sia stato, e sia tuttora uno spettacolo dall'indubbio fascino che difficilmente manca il consenso dello spettatore.
Purtroppo non accade lo stesso per questo film che dovrebbe appassionarci raccontando i "come", i "chi" e i "perché" di questo progetto. Non che non sia interessante conoscere il lavoro svolto dal regista, come vengano fatte e si suonino le launeddas o la mandola, però non era da certo da farne una pellicola per il cinema. La sensazione è più quella di stare assistendo ad uno degli extra di un fantomatico dvd incentrato unicamente sul celebre spettacolo, che ad un film a se stante. Il documentario non è un genere semplice e soprattutto quando è destinato al grande schermo non deve dare nulla per scontato; lo spettatore deve essere accompagnato all'interno della storia, e non lasciato ai margini. Cabiddu ci mostra le sue chiacchierate, il proprio amore per la Sardegna e le sue tradizioni, ma più che una sceneggiatura organica con un inizio ed una fine, si assiste ad una serie abbastanza disarticolata di pensieri e riflessioni.
Rimane la musica, ottima musica a prescindere che la si ascolti dal vivo o al cinema. Non a caso Paolo Fresu e Antonello Salis sono fra i più apprezzati jazzisti italiani.

La frase: "La mia forza è la mia identità."

Andrea D'Addio

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