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Paco de Lucía: la búsqueda











Come ogni profondo conoscitore di un artista, mi aspettavo un film che rendesse omaggio al mio grande idolo Paco de Lucia, ma “La Busqueda” ha superato ogni mia attesa e ho capito subito che ero di fronte a una vera e propria opera d'arte, a uno dei più grandi film nella storia della musica.
Si chiama Curro Sanchez Varela, giovane e straordinario regista, non nuovo a immortalare e raccontare il genio della chitarra flamenca; fu, infatti, il regista anche di “Paco de Lucia En Vivo”, il Tour mondiale del 2010 documentato attraverso i momenti più belli dei concerti dell'artista. Ma Curro Sanchez Varela è anche il figlio di Paco de Lucia. Chi meglio di lui avrebbe potuto raccontare la vita intensa di un padre che con la propria musica ha conquistato un intero mondo e ben due generazioni?

Il film ripercorre a passo a passo la vita del maestro fin dagli esordi. È lui stesso a raccontarsi al pubblico, a parlare dello stupore del padre, anch'egli chitarrista, quando si accorse improvvisamente del talento naturale del figlio Paco, quel padre che, dopo avergli insegnato a suonare, lo fece approdare tramite una compagnia di flamenco negli USA, dove cominciò la sua lunga carriera. “La Busqueda” ti conquista da subito, crea un contatto col maestro Paco, i cui racconti ti trasportano, ti emozionano, ti fanno viaggiare in luoghi ed epoche diverse; tanto da farti rimanere incantato da una vita artistica così intensa e dai suoi virtuosismi a dir poco impressionanti. L’esistenza di Paco de Lucia è stata costantemente caratterizzata da un grande sacrificio fisico e mentale, perché il flamenco è così, un piacere attraversato da un grande dolore fisico, un compromesso tra il male e il bene, una vera e propria scelta di vita.

Bellissimo il passaggio che evidenzia come non sia stato facile assumersi la responsabilità di trasformare il flamenco in un linguaggio più comune per tutti nel mondo, in modo che ognuno lo avrebbe potuto finalmente conoscere e apprezzare. Un linguaggio nato da un'innovazione musicale con l'apporto di nuovi stili, strumenti e sonorità. Questo ha causato un allontanamento tra lui e i “puristi” che non ammettevano cambiamenti alla tradizione della musica andalusa, forse anche perché già consapevoli e timorosi di aver di fronte chi sarebbe diventato presto il numero uno del genere. Lo stesso Paco in molte delle sue interviste presentava il flamenco come "un eterno ricominciare", un mondo dove poter sperimentare, dove giocare col proprio spirito, un mondo che doveva stare al passo con i tempi.

Il ritmo poi per lui è sempre stato fondamentale e l'espressività, la ninfa di ogni esecuzione, ecco perché i suoi concerti sono così intensi, con una dinamica travolgente, note che penetrano sotto la pelle fino a riscaldarne il sangue, perché questo è il flamenco. Ho sempre affermato che non è facile vivere nel flamenco e che questo non è solo un genere ma una vera filosofia di vita e ti deve appartenere, perché non è un vestito... è la pelle.

Nel film con lui intervengono importanti figure come Carlos Santana, John McLaughlin, Chick Corea, Camaron de La Isla, Jorge Pardo, Carles Benavent, Alejandro Sanz, Estrella Morente e altri ancora, per sottolinearne la sua grandezza, mentre le sue musiche, le foto, i particolari, i luoghi di vita dell'artista, così ben evidenziati dal regista Sanchez Varela, fanno tutto il resto. L’opera è pertanto di un’intensità unica, quella che più rappresenta il vero Paco de Lucia, che ti cattura e ti tiene incollato a questa sua grande passione, che evidenzia gli anni del brano “Entre dos Aguas”, le sue conquiste, le sue paure, le sue sofferenze, celate e ammorbidite dal suo famoso sorriso e dalla sua simpatia. Bella e sorprendente anche la fine di questo grande capolavoro che Curro Sanchez Varela e la famiglia di Paco de Lucia hanno voluto per l'artista.

Raccontare “La Busqueda” non è impresa facile, viverla è un'esperienza unica, un momento di grande trasporto, d’immense emozioni, un'opera capace di lasciarti dentro il fuoco del flamenco... il fuoco della vita.

a cura di Claudio Deoricibus

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