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Pacific Rim - La rivoltaLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio20 marzo 2018Voto: 6.5
Autore nel 2013 del capostipite, il vincitore del premio Oscar Guillermo del Toro figura soltanto in qualità di produttore in questo sequel del “Pacific rim” che, inscenando una lotta intrapresa dagli esseri umani contro legioni di creature aliene emerse dagli abissi per distruggere la Terra, ci portò a conoscenza dei cosiddetti jaeger e dei kaiju: i primi enormi robot antropomorfi, i secondi giganteschi mostri giapponesi come quelli visti all’interno di infinità di pellicole di fantascienza partorite dopo il “Godzilla” realizzato nel 1954 da Ishiro Honda.
Un sequel che segna il debutto nella regia cinematografica per Steven S. DeKnight, proveniente da serie televisive del calibro di “Daredevil” e “Smallville”, collocandosi dieci anni più tardi rispetto agli eventi narrati nel primo capitolo, dal quale recupera la Rinko Kikuchi che, lì soldatessa alle prime armi, è qui a capo di una coraggiosa nuova generazione di piloti cresciuta all’ombra della guerra. La Rinko Kikuchi che offre l’opportunità di redimersi e mostrarsi all’altezza di suo padre al fratello dalle fattezze del John Boyega della saga “Star wars”, un tempo promettente pilota di jaeger che, figlio di un leggendario combattente che ha dato la vita per assicurare la vittoria dell’umanità contro i kaiju, ha poi abbandonato l’addestramento ed è finito nel mondo del crimine. Personaggio cui vanno ad affiancarsi Scott Eastwood nei panni di un talentuoso pilota rivale, Adria Arjona in quelli di un collega coraggioso e conflittuale e Cailee Spaeny impegnata a concedere anima e corpo ad una hacker quindicenne dedita alla costruzione di robot, tutti uniti agli eroi del Pan Pacific Defense Corps (PPDC). Man mano che fanno il loro ritorno anche i due brillanti scienziati dalle fattezze di Burn Gorman e Charlie Day e che, una volta concesso il poco spazio necessario alla presentazione dei già citati nuovi arrivati, senza perdere tempo si aprono le danze a suon di scontri tra mega automi che richiamano alla memoria, in un certo senso, più il tenore generale del franchise “Transformers” che quello del lungometraggio precedente. Lungometraggio da cui non riprende affatto gli affascinanti toni dark e quasi horror, accentuando fin dai primissimi minuti di visione, invece, le dosi di ironia – già presente in quel primo caso – e recuperando, comunque, la struttura a base di esile plot quale semplice pretesto per poter sfoggiare la moltitudine di eccellenti effetti speciali. Perché, se, dedicato al sopra menzionato Honda e al mago della stop motion Ray Harryhausen, il film di del Toro tirava in ballo le possibili, negative conseguenze dell’inquinamento al fine di rievocare nostalgicamente le emozioni provate – con notevole scorta di ingenuità infantile – ai tempi dei pupazzoni di cartapesta presi a devastare modellini giapponesi, la circa ora e cinquanta in questione non può fare altro che limitarsi a fornirne una veloce continuazione mirata a regalare efficace intrattenimento soprattutto al pubblico dei giovani affamati di facili emozioni da blockbuster milionario. Continuazione che, con l’azione a dominare incontrastata, riserva il massimo della spettacolarità nel lungo scontro tra i palazzi di Tokyo, infarcito addirittura di omaggio all’intramontabile icona nipponica disegnata Gundam... nella sola attesa di una probabile terza avventura. La frase dal film:
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