Il grande e potente Oz
La storia di un uomo mediocre ed egoista che si trasforma in un grande mago altruista.
Mai raccontata nei romanzi di L. Frank Baum, fonti d’ispirazione, tra l’altro, per "Il mago di Oz" (1939) di Victor Fleming e "Nel fantastico mondo di Oz" (1985) di Walter Murch, è quella che Sam Raimi porta sullo schermo, in 3D, ponendo James Franco – già al suo servizio nella trilogia "Spider-man" – nei panni del protagonista Oscar Diggs.
Uno script del tutto inedito che, a firma di Mitchell Kapner e David Lindsay-Abaire, rispettivamente sceneggiatori di "FBI: Protezione testimoni" (2000) e "Le 5 leggende" (2012), parte dal Kansas del 1905 con il fine di fornire i retroscena di quanto descritto da Baum nelle sue opere.
Retroscena volti a mostrare in che modo Diggs, illusionista da strapazzo in un circo e dall’etica professionale alquanto dubbia, sia stato scagliato da un tornado nel vibrante mondo di Oz; dove incontra sia la strega buona Glinda, con le fattezze di Michelle Williams, che la giovane e tormentata megera Theodora alias Mila Kunis e la cattiva sorella maggiore Evanora, la quale governa la Città di Smeraldo.
Una Rachel Weisz in odore di matrigna di Biancaneve, quest’ultima, che va ad affiancare l’infinità di colorati personaggi tirati in ballo nel corso delle due ore e dieci circa di visione; insieme alla fanciulla di porcellana che, da sola, testimonia l’eccellente fattura degli effetti visivi, e la scimmia alata Finley, i cui dialoghi con il "mago" rientrano tra gli aspetti più divertenti dell’operazione.
Del resto, trovandosi dietro la macchina da presa colui che, da sempre, ha fatto dello humour uno degli ingredienti cardine dei suoi lavori, non è certo l’ironia a risultare assente all’interno dell’elaborato, caratterizzato da una prima parte girata in bianco e nero e da non pochi omaggi-citazioni alla filmografia raimiana.
Infatti, al di là dell’immancabile, esilarante apparizione di un irriconoscibile Bruce Campbell, attore feticcio dell’autore di "Darkman" (1990), è impossibile non notare diverse similitudini con "L’armata delle tenebre" (1992), sia per quanto riguarda il plot stesso, incentrato su una popolazione impegnata ad unire le proprie forze per combattere il male, che la messa in scena di più di un momento spettacolare.
Per non parlare del fatto la soggettiva sfruttata nella vertiginosa caduta della cascata sembra quasi apparire quale rilettura di quella demoniaca de "La casa" (1981), qui resa ancor più efficace da una visione tridimensionale mai sfruttata in maniera banale ed in grado di valorizzare sia l’impressione di profondità che l’illusorio effetto rilievo di oggetti e soggetti.
Fino all’epilogo di un emozionante spettacolo su celluloide che, accompagnato a dovere dalle musiche di Danny Elfman, non solo testimonia il modo in cui Raimi – a differenza del Tim Burton di "Alice in wonderland" (2010) – sia stato in grado di rimanere fedele al suo inconfondibile stile pur dovendo lavorare in casa Disney, ma, grazie anche ai vari riferimenti alla figura di Thomas Alva Edison, si rivela, nella vicenda che racconta, un sentito atto d’amore nei confronti dell’arte cinematografica stessa. Della quale il cineasta originario del Michigan, di sicuro, continua a rientrare tra i maggiori talenti.
La frase:
"Niente è impossibile se ti ci impegni a fondo".
a cura di Francesco Lomuscio
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