Opopomoz
La battaglia per il cinema di animazione in uscita a Natale, quest'anno si può paragonare all'eterna lotta di tradizioni tra il nordico ed importato albero ed il più nostrano presepe. Il nuovo film di Enzo D'Alò si lega ovviamente a quest'ultima usanza (l'albero natalizio potrebbe essere rappresentato da "Sinbad" o da "Nemo" in uscita nello stesso periodo). Ma essendo il cartone italiano l'unico a parlare del Natale è ovvio che la "battaglia" si sposta tutta su una contesa di tradizioni prettamente visive e culturali tra il cinema ultramegamiliardario delle majors americane ed un più "povero" cinema d'animazione italiano (anche se il film di D'Alò ha una struttura produttiva alle spalle abbastanza forte ed un budget molto alto). Rimane comunque il fatto che una favola è una favola in qualsiasi parte del mondo la si rappresenti, ed "Opopomoz" è proprio questo.
La storia è quella di una famiglia di Napoli in attesa di un bambino che dovrebbe nascere proprio a cavallo tra il 24 e il 25 dicembre. Rocco, l'altro figlio, si sente spodestato dal suo ruolo di figlio unico e non partecipa all'euforia di tutti coloro che gli sono attorno. Della situazione cercano di approfittare tre diavoletti, guidati dal male supremo, che cercano di ritirare su le quotazioni dell'Inferno, luogo sempre meno popolato. I tre cercano di coinvolgere Rocco in una missione demoniaca: attraverso una formula magica (opopomoz, per l'appunto), il bambino dovrà entrare nel presepe e impedire a Giuseppe e Maria di arrivare a Betlemme dove avverrà la santa natività.
Tutta la tradizione sacra del Natale (il lungo cammino dei genitori di Gesù, l'epifania dei Re Magi e quant'altro), vengono trasportati su un piano popolaresco. Tutti i personaggi parlano il dialetto napoletano e si muovono quasi inconsapevoli della rivelazione. La metafora della nascita umana e allo stesso tempo divina ("ogni volta che nasce un bambino, nasce Gesù", dice ad un certo punto la madre), viene trasportata in un mondo aereo ed allo stesso tempo terreno, rendendo il tutto graziosamente leggero.
Anche le voci dei personaggi (Peppe Barra, Silvio Orlando, John Turturro ecc.) riescono a non sovrastare le figure animate donandogli una caratterizzazione che però, cosa che non accade quasi mai, rifugge dall'immagine dell'attore stesso (bravissimi i doppiatori).
Alla fine ci troviamo davanti ad una favola per bambini che intrattiene anche i grandi, facendogli scoprire o riscoprire una tradizione che va al di là della mera rappresentazione.
Come diceva il grandissimo Eduardo: "Te piace 'o presepio?".

Renato Massaccesi

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