Omicidio in Paradiso

Dopo il successo de "I ragazzi del Marais", il regista francese Jean Becker non lascia passare troppo tempo, e con l'adattamento dello scrittore e sceneggiatore Sebastien Japrisot di una commedia del grande Sacha Guitry, ritorna al cinema con "Omicidio in paradiso", chiamando attorno a sé un gruppo d'attori francesi di grande fama. Base della storia è l'idea assolutamente folle del protagonista che nel tentativo di sbarazzarsi della moglie Lulù, decide di andare a parlare con un avvocato prima di commettere il crimine, per essere sicuro di non fare errori.
L'incontro surreale con l'avvocato divide la vicenda del disarmato e disarmante Joseph, Jojo per gli amici: da un antefatto costruito sui continui scontri tra la prepotente e bellicosa Lulù e il povero Jojo che culmina con l'involontario omicidio, si passa all'esilarante processo in cui persino il giudice partecipa alla sventura matrimoniale dell'accusato, con cui condivide anche la passione per il collezionismo di francobolli. Davanti alla Corte e al Giudice sfilano come testimoni gli abitanti del villaggio, tutti indomiti difensori del loro concittadino, mentre l'avvocato arringa brillantemente spiazzando persino la Pubblica Accusa. Alla vittima, trasformata in carnefice, si riesce a rendere giustizia, ma senza esagerare troppo. I tre anni di prigione del povero Jojo si riducono a poco meno di due e il villaggio accoglie il suo ritorno con una banda che suona a festa e una grande torta di glassa rosa.

Del film di Guitry (Ho ucciso mia moglie) Becker utilizza le linee essenziali, stemperando il cinismo e la fredda cattiveria dei personaggi del drammaturgo, in un umorismo più leggero e meno demoniaco. Becker non racconta l'avventura di un colpevole o di un innocente, ma solo quella di un ometto indifeso che pur odiando molto, non è veramente in grado di realizzare un vero assassinio. Alla fine lo stesso avvocato gli viene in aiuto, affermando che un assassinio manifesta premeditazione, un omicidio no, e l' "impresa" di Jojo ha così tutte le attenuanti del caso.
Il paradosso sta proprio nella colpevolezza evidente che prontamente si trasforma in indiscutibile innocenza. La Corte e il Giudice, come anche tutti i cittadini del villaggio, non pensano un solo istante alla morta. E in realtà non ci pensa neppure lo spettatore, che pur ridendo alle ridicole giustificazioni dell'avvocato di Jojo, si ribella a quelle ancor più ridicole del Pubblico Ministero.
Dicevamo un cast grandioso: dalla straordinaria Josiane Balasko, una megera d'eccezione, all' imprescindibile André Dussolier, avvocato di grande arte, per tacere del sorprendente Jacques Villeret, nei panni del "consolato" vedovo.

Valeria Chiari

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