Oltre il mare
Oltre i confini del mare. Al di là del mare. Oltre il mare.
Qualsiasi film di fiction o serie televisiva che abbia fatto uso di questo titolo ha sempre adottato una storia basata sul mistero, sull’imprevedibilità, qualcosa insomma le cui fondamenta sono da sciogliersi pian piano e poco alla volta, perché quello che c’è là in fondo, dove l’oceano termina e comincia il cielo non lo sappiamo, non lo vediamo, quasi fosse, l’orizzonte, un muro invalicabile che ci divide da una dimensione parallela.
È su queste note misteriose e malinconiche che tessono le fila gli sceneggiatori Alessandra Recchia e Cesare Fragnelli, per la regia di quest’ultimo, del film Oltre il mare, pellicola che verrà distribuita nelle sale italiane il prossimo 30 settembre.
Il film racconta l’avventura di un gruppo di studenti universitari (Alessandro Intini, Alberto Galetti, Giulia Steigerwalt, Nicola Nocella, per citarne alcuni), che durante le vacanze estive decidono di concedersi una vacanza in un campeggio ad Otranto. Sono cinque ragazzi e tre ragazze, e tutti che toccano ogni campione di “tipo umano”, come sempre in questi casi: si passa infatti dal leader bonaccione al furbetto che va in cerca d’avventure, dal fervente alternativo di sinistra all’aspirante showgirl. Alla partenza, lontani dalle ansie dei genitori e da fidanzate troppo prese da se stesse, si sentono tutti più che mai liberi di seguire i propri impulsi, senza pensare alle conseguenze. Si sentono immortali. Ma immortali non sono.
Più o meno come l’esplosione è un ingrediente tipico dei film d’azione americani, e il dramma psicologico-personale lo è di quelli francesi, nelle commedie giovanili italiane sembra quasi che non si riesca a fare a meno di far sparire qualcuno, di introdurre di soppiatto una morte improvvisa e inaspettata, quasi fosse una presenza in agguato, là in fondo, che oltre l’orizzonte, oltre il mare, aspetta arrivi il momento adatto per agguantare la sua preda con la falce. Il problema è che probabilmente se ne poteva anche fare a meno, perché fino a quel momento il clima era stato enormemente pacifico (a parte un tentativo di suicidio non propriamente avvolto nella giusta suspense) e i personaggi erano veramente troppi (tredici) affinché lo spettatore riuscisse a memorizzarli tutti in 90 minuti, e addirittura si affezionasse alla vittima, compatendone l’inattesa scomparsa di conseguenza.
In questo, la macchina da presa è sempre con gli attori, seguendoli in tutti i loro movimenti, le loro preoccupazioni e i loro ricordi. È quasi un personaggio aggiunto, che respira e si muove, e che non dà precedenza a nessuno perché tutti sono egualmente importanti. Suddivide perciò le storie in giuste dosi, raccontando il necessario, e trovando addirittura il tempo di passare ai genitori, che dimenticati nelle loro case, si preoccupano (come nel caso di Esther, interpretata da Marit Nisser) oppure sono impegnati a lavorar sodo per vincere il concorso di “Miglior trattoria della provincia” (con uno straordinario quanto divertente Paolo Sassanelli, nel ruolo di Luigi).
In conclusione, Oltre il mare è un film che per essere il primo lungometraggio del regista è ben studiato, sia per la scelta del cast, sia per come ha lasciato venisse costruita la fotografia. Non dimentica di dire nulla. Sebbene le storie fossero tante, fa in modo, con un montaggio all’inizio forse poco curato, di porle tutte in primo piano cosicché lo spettatore non si perda nei meandri del campeggio e si goda con gli attori l’avventura.
La frase:
"Ho paura di perderti. Maybe love is just a taste… but I love you".
a cura di Ivan Germano
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