Oltre i confini del male - Insidious 2
James Wan è forse, oggi, la personalità di maggior risalto nella scena dell’horror mondiale. Dopo un esordio così fortunato da aver dato vita ad una saga composta da sette capitoli ("Saw – L’Enigmista"), il regista ha rafforzato il suo nome con film come "Dead Silence" (2007) e "L’evocazione – The conjuring" (2013), ora presente nelle sale. E recentemente ha deciso di cavalcare il successo ottenuto dal suo "Insidious" (2010) per girarne il sequel.
Al centro della storia troviamo sempre la famiglia Lambert, e la vicenda riprende esattamente da dove era stata lasciata in sospeso.
Com’è ovvio, l’incubo è ben lungi dal poter essere dimenticato, e questa volta la preda ambita dagli appartenenti all’Altrove, misterioso mondo "dove i vivi non sono ammessi", non è più il piccolo Dalton, ma il capofamiglia Josh, perseguitato dalla terrificante Donna Velata fin dall’infanzia.
Si astenga dalla visione chi non ha visto l’originale: viene dato per scontato che il pubblico sia già in possesso di molte informazioni riguardo la struttura della storia e dell’universo creato in essa; tutto risulterebbe in gran parte incomprensibile. E la prima mezzora, in cui il riallacciarsi alla pellicola precedente è particolarmente forte, tanto da ri-prenderne intere sequenze, non è finalizzata a rendere il film più accessibile a nuovi spettatori, ma a rimodellare alcuni segmenti narrativi del primo episodio con l’aggiunta di scene che erano state omesse. Questa tecnica di rimaneggiamento, in un sequel, del materiale dei primi capitoli, spesso ribaltandone il significato, è già stata affrontata da James Wan (nelle vesti di produttore) nella saga di "Saw", rendendolo ormai pratico dell‘espediente.
Se i primi trenta minuti del film sembrano quasi procedere per inerzia, così pregni di richiami alle vicende passate, a un certo punto "Insidious" conquista ritmo e lo mantiene fino alla fine. Non importa se molti elementi presenti nella pellicola (sussulti, fantasmi che compaiono e immediatamente si dileguano, ecc) si sono ormai consumati nell’efficacia per il loro abuso nei film di genere: la bravura del regista consiste proprio nel saper giocare con le convenzioni dell’horror e riuscire comunque a creare momenti di tensione; ciò deve molto allo stile del film, che sa alternare opportunamente toni da progetto ad alto budget e atmosfere semi-amatoriali, con camera a mano e utilizzo del grandangolo. Wan dimostra di sapersi destreggiare con abilità anche avendo tra le mani una sceneggiatura (di Leigh Whannell, suo collaboratore di sempre) che presenta qualche buco e che è forse eccessivamente carica e ripetitiva.
Nonostante i tocchi comici siano pochi (ma efficaci), "Insidious" non si prende mai sul serio, l’unico suo scopo è il divertimento del pubblico (e forse non solo): un obiettivo decisamente raggiunto, come conferma anche il botteghino statunitense.
Da gustare: l’omaggio alla celeberrima scena della porta spaccata a colpi di accetta in "Shining".
La frase:
"Dice di essere un’amica. Viene a visitarmi tutte le notti".
a cura di Luca Renucci
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